Regia di Giuseppe Piccioni vedi scheda film
In una tranquilla città italiana non meglio specificata vivono le ventenni Cate, Liliana, Anna e Angela, quattro ragazze alle prese con i problemi quotidiani della loro esistenza e legate da un’amicizia che sembra indissolubile. Liliana, figlia della parrucchiera Adriana, sta terminando gli studi universitari e si approssima alla stesura della tesi sul Paradiso perduto di Milton, scegliendo come relatore lo stimato professor Mariani. Cate ha invece scelto di cambiare radicalmente vita e di trasferirsi all’estero, per la precisione a Belgrado, dove l’amica Mina le ha procurato un posto di lavoro in un albergo. Anna, che studia violino ed è attesa da un importante saggio, ha appena scoperto di essere incinta di tre mesi del fidanzato coetaneo. Angela, infine, vive un continuo prendersi e lasciarsi con un fidanzato che appartiene a una sfera sociale diversa dalla sua, vive con entrambi i genitori borghesi di periferia e ha la capacità di saper scrutare il futuro nelle candele.
Angela, Liliana e Anna, decidono di accompagnare Cate a Belgrado, per vivere con lei l’ultimo viaggio insieme on the road prima di salutarla definitivamente e ritornare in Italia alle loro esistenze. Prima della partenza, però, Liliana scopre di avere un cancro ma opta per il mantenere solo per sé la ferale notizia. Dopo una prima sosta al convento in cui opera Guglielmo, il fratello prete di Cate, le tre raggiungono il Montenegro e si “perdono” in un campeggio, dove nuovi incontri testeranno le loro certezze e apriranno la strada verso la definitiva crescita, che maturerà con tutte le conseguenze del caso una volta a destinazione.
Giuseppe Piccioni racconta in Questi giorni una storia di formazione forse non troppo originale ma ha la sapienza di non perdersi e di non scivolare nel patetico conclamato. Le quattro protagoniste, ognuna unica a suo modo e ognuna vicina alle tante giovani ragazze di oggi, vivono tra euforia e disforia il viaggio che cambierà per sempre la struttura della loro amicizia. La svampita Angela, l’apatica Anna, la lesbica (non palesemente dichiarata) Cate e la possibile moribonda Liliana, trovano lo spazio per manifestare le loro personalità e per tirare fuori i non detti. L’insoddisfazione di Anna, a cui non piace mai nulla e che non ha mai niente da proporre, farà da apripista a una serie di rotture e allontanamenti che nel bene o nel male rappresenteranno il loro definitivo passaggio da ragazze a donne.
Complice una sceneggiatura liberamente ispirata a un romanzo ancora inedito, Questi giorni non ha la pretesa di diramare la verità assoluta sui rapporti umani ma, nella sua fin troppo episodicità, offre un ritratto veritiero di una realtà che non ha bisogno di sottotesti per essere compresa o analizzata. Anche il cancro di Liliana e l’omosessualità di Cate non assumono mai la dimensione del dramma: la leggerezza è nell’aria e agli occhi delle protagoniste o dello spettatore tutto sembra normale. Gli scontri, le discussioni, i dubbi e le incertezze, appaiono come dei topoi universali, in cui chiunque può riflettersi o a cui chiunque può appellarsi. Dopotutto, come già evidenziava Maupassant, la vita non è né tutta bella né tutta brutta. È fatta semmai di momenti da cogliere e da custodire nel tempo, con la consapevolezza che certi giorni spensierati, i giorni della gioventù e della condivisione di un qualcosa che ha dimensione ideale e non reale, non torneranno mai più.
Questi giorni non è però un film perfetto. Non lo è nella forma, non lo è nel contenuto. Ricade spesso negli stereotipi narrativi di un certo cinema italiano (soprattutto quando si tratta di delineare le relazioni di Liliana con la madre o con il professor Mariani o nel volere Cate ribelle a tutti i costi ma col cuore d’oro). Si offre al ricatto delle musiche enfatiche e delle interpretazioni sociologiche, portando i palati più raffinati a storcere il naso. Ma chi l’ha detto che la vita raccontata al cinema non possa essere stereotipata come la normalità? Chi l’ha detto che la vita raccontata al cinema non possa essere fatta di occasioni mancate, di rimpianti o di ripensamenti? La freschezza dell’opera di Piccioni risiede nelle sue quattro giovani protagoniste, ognuna in grado con le sue emozioni, con la propria energia e con il proprio modo di essere, di rappresentare un’epoca in cui i sogni e le paure convivono nella stessa dimensione, in cui gioie e dolori possono essere affrontati con risolutezza, in cui le differenze si livellano per restituire una dimensione di quieto vivere e in cui i giovani prendono a morsi il destino e sfidano il domani. Imperfetto ma pulsante.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta