Regia di Cristina Comencini vedi scheda film
Titolo ironico, Comencini, nevvero?
Giacché, si capirà, di "nuovo" in questa pellicola nata e morta vecchia, e che propone un'idea di cinema così ammuffita, non c'è nulla.
D'altronde, si sa, basta lo spunto: rovistando tra mode-manie-ossessioni-argomenti di gossip dell'attualità, si sceglie un tormentone e sopra ci si costruisce un "film". Ovvero, la solita immancabile sarabanda pseudocomica di elementi e meccanismi dozzinali che, con le stimmate-scusanti della commedia, svelano presto la naturale dimensione dell'opera. La farsa(ccia).
Nel caso specifico, il tema del sollazzo è il toy boy (e, dall'altro verso, le milf): poteva essere un altro - i pokémon go, il veganesimo, la malvagità dell'olio di palma, le scie chimiche -; e, chissà, da qualche parte forse ne stanno già gettando le basi (la triste realtà supera sempre la più banale delle fantasie).
Perdinci. Si potesse scommettere su natura e fattura di sketch, siparietti, scenette scemette se ne ricaverebbe qualche danaro. Facile facile, certo. Puntuali come la mora in caso di mancato o errato pagamento di imposte (o come la bionda che hai puntato che, crudelmente, ti rifila un due di picche), cotante vette di cóte umoristico si connotano per i sempre funzionali, abusatissimi scambio di persona (sic!) e trastullo delle contrapposizioni elementari (o meglio: puerili): da una parte la sofisticata cantante di jazz Paola Cortellesi - rigida, frigida, stronza, seria; dall'altra la burina Micaela Ramazzotti - svampita col broncio (ma dai! ruolo #243), facile, «mignotta», leggera.
Come leggere una rivista di sole barzellette in forma di vignette. Il livello quello è ... si annotino pure il rumoroso russamento e la maldestria della Ramazzotti (cade, fa cadere ombrelli e oggetti vari, incespica), la sagra degli equivoci, i gridolini e le risatine/occhiatine complici (indirizzate al pubblico in sala), i dialoghi da negozio di parrucchiera (corrispettivo femminile del bar sport), le acrobazie sessual-amorose (si fa per dire), i triti intuibili discorsi generazionali da futile palinsesto televisivo pomeridiano.0
Risate fragorose, eh (eppure qualcuno, qualcuna, davvero, in sala si sbellicava incontrollabilmente ... cos'avrà assunto poco prima?).
Ma fragorosi, per l'insulsaggine e la prevedibilità, gli sviluppi, l'evoluzione dei personaggi: una si dà una calmata, l'altra si libera dei freni inibitori; peccato che, essendo già caratteri fasulli - come balordamente fasulla, oratoriale, è l'interpretazione delle due protagoniste -, si può ben intuire la portata del pasticcio.
Nel quale trovano posto meri riempitivi ritenuti "alti" (il jazz e Donna di nessuno di Fred Buscaglione nella performance di Paola Cortellesi; la lettura di L'amore è un cane che viene dall'inferno di Bukowski da parte di Micaela Ramazzotti; Absolute Beginners di Bowie piazzata, ignominiosamente, per tentare di far risalire il livello di guardia inevitabilmente scemato), e "riflessioni" da rivista di moda su maturità/immaturità, bisogni di uomo/donna, sentimenti e sesso.
Narrazione scadente, regia irrilevante, sguardo e visione delle cose ridicoli, prestazioni attoriali di quart'ordine (il giovine incastrato tra le due almeno ha l'attenuante dell'età): non c'è che dire, proprio qualcosa di nuovo!
Oh, sì, nel finale per un attimo si accarezza l'idea - stuzzicante, invero - del threesome. Ma finisce tutto in caciara.
Sai che novità.
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