Regia di Michele Placido vedi scheda film
FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2016 - SELEZIONE UFFICIALE
7 minuti di differenza, due ore per decidere se accettare o mandare a monte un negoziato che sembrava avviarsi verso soluzioni apparentemente molto più cupe.
Cosa sono 7 minuti di riduzione della pausa pranzo, rispetto all'evenienza di perdere tutto e non trovare nessuna altra occasione in cambio, in un contensto industriale ormai devastato di una nazione che da un decennio sembra vivere di espedienti e occasioni mancate?
A undici donne - eterogenee tra loro per età, carattere, razza, ma non per estrazione sociale, rientranti nel ristretto gruppo che compone il consiglio di fabbrica di un'industria tessile laziale le cui quote di proprietà stanno per essere acquisite, nella sua maggioranza, da una grande multinazionale francese - spetta l'oneroso compito di accettare la proposta, apparentemente innocua, che la nuova proprietà ha comunicato loro per iscritto, come unica conseguenza restrittiva rispetto alla precedente conduzione.
E allora? Come reazione a caldo viene da votare all'unanimità, o quasi, a favore della nuova ed unica richiesta e rinuncia che si chiede alla forza lavoro.
Ma non sarà questo un bieco primo tentativo per saggiare il carattere e la forza di reazione di un gruppo di lavoratrici che, dati i tempi e la mancanza assoluta di alternative, costoro immaginano propenda per la resa, e quindi induca la società a richiedere ulteriori e ben più impegnative condizioni in un prossimo grigio anzi tetro prossimo futuro?
7 minuti tradisce senza mascherarla minimamente l'impostazione originale di tipo teatrale da cui è tratta la sceneggiatura.
E si occupa di un tema davvero spinoso in cui tutti noi, chi più, chi meno, si sente in qualche modo coinvolto.Dopo decenni di fusioni ed incorporazioni, tanto in voga negli anni '80 e '90, i lavoratori sono diventati sempre più piccoli ed indifesi, i relativi sindacati sempre più una mera facciata, impotenti e tergiversanti, protesi a prendere tempo e a cedere posizione, retrocedendo in pochi gesti a conquiste socio-lavorative ottenute con decenni di sacrifici e richieste pressanti.
Michele Placido calibra bene il contesto d'azione, lasciando ampio spazio al momento cruciale della decisione del consiglio di fabbrica.
Peccato solo che la sceneggiatura non riesca a fare a meno di un certo sensazionalismo di troppo, o a colpi di scena che ci portano inutilmente in un contesto da giallo da camera che svilisce le valide tematiche che già da sole abbondano: c'era bisogno di una partoriente tra le undici operaie ed impiegate incricate di decidere? E' lecito far si che partorisca poco prima della decisione? Possibile che la rappresentante sindacale, appena entrata nella sala del consiglio dopo ben cinque ore trascorse tra la dirigenza vecchia e nuova, impieghi oltre venti minuti per sviscerare il nocciolo del problema? Il fulcro del contendere?
No non è credibile, e questo sviluppo tradisce un puerile gioco di suspence studiato a tavolino che manca di realismo, all'interno di una vicenda che invece, al contrario, dovrebbe mantenersi trasparente alla realtà che ci circonda.
Detto questo, molto del merito della sostanziale riuscita della pellicola, spetta al valido gruppo di attrici coinvolte, tutte molto valide, Ottavia Piccolo in testa e Clémence Poésy più di tutte, ma pure Sabine Timoteo e Fiorella Mannoia si prestano bene alla parte ed appaionio credibili nei rispettivi ruoli.
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