Regia di Francesco Bruni vedi scheda film
Un incontro tra due individui diametralmente opposti per cultura, età ed estrazione sociale riesce ad elevare entrambi, dopo una lunga attenta opera di studio reciproco. Una commedia tenera che sa sfruttare la fisicità poetica e l'istrionismo garbato e galante del celebre regista "partigiano".
Un ventiduenne scapestrato, figlio legittimo dei quartieri popolari romani, orfano di madre ed in perenne conflitto col padre ambulante che lo ama senza riuscire a dimostrarlo, lasciati prematuramente gli studi, vivacchia tra compagnie sbagliate e giornate perse a combinare nulla di costruttivo o utile.
Il giorno che viene arrestato per una rissa con altri coetanei, il padre per toglierlo dalla strada lo conduce a forza a occupare le giornate seguendo un anziano poeta non più completamente autosufficiente.
Un arzillo ma talvolta un po' stordito ottantacinquenne, che alterna momenti di vivacità ed entusiasmo, ad altri di confusione in cui riesce male a destreggiarsi tra quotidianità e ricordi del passato bellico che lo vide partecipe militante tra le file partigiane pisane durante la Seconda Guerra Mondiale.
L'approccio tra i due, distanti che più non si potrebbe sia anagraficamente che caratterialmente, oltre che culturalmente divisi da un abisso, non è dei migliori. Ma facendo di necessità virtù, i due poco per volta iniziano a comunicare, a confrontarsi, a cercare di capire ognuno il mondo dell'altro: una dimensione di ricordi, storie drammatiche di guerra, di amore nostalgico e appassionato, espresso in poesia e racchiuso in raccolte pressoché dimenticate anche dal mondo della cultura, da una parte.
E dall'altra il mondo moderno, tecnologico, veloce, istintivo ma anche virtuale e teorico e vuoto di oggi.
Il punto forte di questa commedia solo carina del regista di Scialla Francesco Bruni, che non riesce ad evitare mai sin troppi cliché e sconfinamenti in luoghi comuni o soluzioni "telefonate", è l'approccio puro e disincantato tra i due, che inizialmente nemmeno riescono a comprendersi a causa di sue stili di linguaggio così diametralmente opposti da parete due veri e propri idiomi differenti.
Ma che finiranno ognuno a suo modo per arrecare giovamento e sollievo l'uno all'altro, vicendevolmente, con risultati esemplari.
Valido l'apporto del regista "partigiano" di "L'Agnese va a morire", prestato ormai spesso, seppur occasionalmente, e ogni volta con esito felice, alla recitazione: la scelta azzeccata di Giuliano Montaldo (era già apparso notevole ne Il Caimano di Nanni Moretti), perfetto istrione dotato di grazia e felici lampi nostalgico/poetici, fondamentali per descrivere al meglio il suo personaggio, altrimenti inevitabilmente a rischio macchietta, è davvero una mossa felice.
Gli tiene testa, con simpatica ironia e realistica contemporanea indolenza, il giovane Andrea Carpenzano, trasteverino molto greve che riesce a scoprire, grazie a quell'incontro, il lato insospettabilmente nascosto del proprio carattere ove è custodito il dono prezioso della sensibilità.
In un ruolo di contorno, la mamma dell'amico e amante del nostro "toy boy" trasteverino, un'ottima Donatella Finocchiaro è perfetta nell'incarnare la bipolarita' di un sentimento, materno e insieme sessuale, che ridalta nel suo segreto ruolo di amante del miglior amico di suo figlio.
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