Regia di Fabrizio Cattani vedi scheda film
Il finale è cronaca annunciata, nessun soprassalto emotivo, togliersi di mezzo quando la vita ti rinnega non può che essere l’unica via d’uscita.
L’onda lunga della crisi in cui l’Italia si dibatte da più di dieci anni non poteva non toccare il cinema in una delle sue tante derive.
Cronaca di una passione, 2016, di Fabrizio Cattani, sceglie di mettere a fuoco un dramma di quelli che, in anni bui come questi, meno saltano alla ribalta delle cronache, una passio chiusa nel breve cerchio di una coppia di sessantenni massacrati da crisi e leggi inique, indifferenza di Stato e vessazione da parte degli organismi che dovrebbero essere preposti alla tutela del cittadino.
"Il welfare - dice Fabrizio Cattani - da statale si è ridotto a famigliare. Ma in questo modo chi per necessità cade nelle mani delle sanzioni, viene privato anche della dignità, la pena è l'umiliazione inflitta dalle persone care. A un uomo sul lastrico un funzionario pubblico ha suggerito di fingersi pazzo per ottenere un posto riservato ai disabili.
Ed è sempre quando non servi più che la solidarietà salta. Non giudico, ma prendo atto che affetti, buone intenzioni, sostegno e generosità, come il buon senso e il supporto delle istituzioni, scoprono improvvisamente di essere solo parole, o propaganda. Se una comunità scompare nell'attimo cruciale, la sua esistenza è inutile. Non parlo degli evasori, ma degli onesti: nemmeno lo Stato può pignorare la vita”
La storia di Giovanni (Vittorio Viviani) e Anna (Valeria Ciangottini) è un modello preso dalla realtà, tante storie ne hanno ricalcato la forma in vario modo negli anni dal 2010 a oggi, ma le cronache se ne sono occupate soprattutto nella stampa locale e con scarsi trafiletti, notizie del genere non fanno audience né alimentano liti serali sui divani dei talk show televisivi.
Dati di agenzia c’informano che tra il 2012 e iI 2015 in Italia 628 persone si sono tolte la vita per cause direttamente legate al deterioramento delle condizioni economiche personali o aziendali, altre 193 tra gennaio e ottobre 2015.
Sono i caduti anonimi di un Paese che non ce la fa, soprattutto gente umile e onesta, di solito avanti negli anni, vittime di un modello Nordest in dismissione, affondato nei debiti.
Giovanni e Anna lavoravano da una vita, e con passione, nella piccola trattoria con due dipendenti e cucina casalinga curata da lei.
La chiusura di una fabbrica vicina e la crisi hanno ridotto il guadagno, pochi coperti, si tira avanti come si può, e così non sono stati versati i contributi dei due dipendenti perché i soldi non bastavano e, come dirà Anna al giudice, “ho scelto di dare lo stipendio a loro piuttosto che soldi alle tasse, non ho intascato denaro che non avevo”.
La cartella esattoriale si gonfia di interessi che fanno lievitare a cinquantamila euro il piccolo debito iniziale, Equitalia sequestra e mette all’asta l’appartamento, modesto, della coppia e i due, ridotti a dormire nel retrobottega, passano la notte su un materasso steso davanti ai fornelli prima di essere cacciati "per esigenze igieniche”, denunciati da un solerte vicino e mandati dai controllori della ASLL in una Casa-Famiglia in camere separate.
Come si vede, l’argomento non è di quelli che riempiono colonne in prima pagina, anzi, l’insolvenza della coppia di piccoli imprenditori rischia addirittura di finire nel mucchio delle facili e generiche condanne che l’opinione pubblica commina senza tanti distinguo agli evasori del Fisco.
Bene, anzi male, molto male. Perché i grandi evasori continueranno ad evadere, in cose del genere bisogna pensare in grande, i piccoli, piccolissimi, quelli che non ce la fanno a pagare cambiali e contributi a tassi da usura, finiscono sul lastrico.
In attesa sine die di casa popolare, non avendo mezzi per affittarne una, Anna e Giovanni passano mesi in condizioni di degrado esistenziale, scorribande tra uffici e tribunale, scartoffie e umiliazioni di vario genere.
Amici e parenti non possono aiutarli, la vita è dura per tutti, ma i due sono persone di grande dignità e affrontano il loro Calvario sorretti solo dal legame che li unisce, sereno, capace di far fronte a scosse così dure.
Fino alla perdita di ogni speranza e alla scelta della soluzione estrema.
La coppia Viviani/Ciangottini è perfetta nella parte, l‘eterea fanciulla de La dolce vita, l’irraggiungibile miraggio di purezza di Marcello, ora è diventata una donna provata, la tenera compagna di traversie per Giovanni, uomo mite e incurvato dagli anni, sopraffatto dalla perdita di ogni ancoraggio ad una vita normale.
In un crescendo che procede a piccoli passi inesorabili, Cattani avvolge i due protagonisti in una tela di ragno sottile, i loro movimenti nella vicenda sono realtà pura, nessuna sovrastruttura romanzesca a rompere il lento fluire di giorni senza prospettive né speranze.
L’arrivo della soluzione estrema diventa così cronaca annunciata, nessun soprassalto emotivo, togliersi di mezzo quando la vita ti rinnega non può che essere l’unica via d’uscita.
Ed un mare grigio, freddo, invernale è sempre disposto ad accoglierti se sei colpevole di povertà.
www.paoladigiuseppe.it
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