Regia di Steven Spielberg vedi scheda film
Favola sui temi della diversità e della tolleranza dai toni immaginifici e buffi nel tipico stile di Roald Dahl, adattata dal maestro Steven Spielberg, parzialmente ispirato.
Steven Spielberg torna al cinema per ragazzi raccontando la tenera e ottimista storia di un’amicizia apparentemente impossibile, quella tra una bambina orfana e un gigante vegetariano, che uniscono le forze e l’ingegno per sconfiggere la prepotenza cruda e ignorante di un altro gruppo di giganti mangia uomini.
La storia è tratta da un libro del romanziere inglese Roald Dahl, le cui opere caratterizzate dai toni fantasiosi e grotteschi hanno già trovato molteplici trasposizioni al cinema da I Gremlins a La fabbrica di cioccolato, da Matilda sei mitica a Fantastic Mr Fox. La sua impronta si avverte soprattutto nell’uso di un linguaggio tanto semplice e infantile quanto giocoso e inventivo, fatto parlare dal protagonista quel GGG creatura millenaria dotata di sensibilità e bontà, ma relegata per le sue dimensioni a vivere in un mondo a parte, isolato dagli urbani e al tempo stesso deriso e disprezzato dai suoi stessi simili che lo considerano un nano e uno strambo, essendo l’unico a non nutrirsi di carne. La sua diversità, altro tema caro all’autore, è per certi versi simile a quella di Sofia, bambina priva di genitori molto vivace e spigliata, amante della lettura e affascinata dai misteri della natura, ma incapace di sognare.
Rapita una notte dalla gigante creatura che avvista aggirarsi tra le strade deserte di una Londra che pare uscita da un racconto di Dickens, la ragazzina instaurerà con il suo singolare rapitore un rapporto di complicità fondato sull’affetto sincero e genuino, e sulla fiducia che riuscirà a infondergli quando oramai si sentiva privo di scopi.
Effetti speciali di grande impatto, ambientazioni sontuose e surreali, umorismo e buoni sentimenti dominano la pellicola, rivolta principalmente ad un pubblico giovane, ma apprezzabile anche dagli adulti, oltre che per la pregevole fattura tecnica, anche per i molteplici sottotesti presenti nella trama che colloca l’azione in un tempo indefinito eppure attuale, in cui gli orchi possono essere metafora di terrorismo, discriminazione, guerra.
Certo i toni sono sempre quelli magici e positivi della favola e forse ciò cha manca davvero è una maggiore presenza e rappresentazione del male incarnato come distruzione indiscriminata, ma mai davvero percepito in maniera inquietante e minacciosa, quanto piuttosto beffeggiato in maniera buffa e goffa.
Forse questo però è un difetto che si riscontra in molte produzioni recenti rivolte al pubblico più giovane, quasi si avesse timore di traumatizzare i bambini di oggi con una visione più cupa e vivida della violenza, quasi come se si preferisse confinarla a qualcosa che esiste solo nei videogame o fosse esclusivamente uno spunto per scene d'azione.
Spielberg comunque gestisce con maestria tanto i momenti più intimisti quanto quelli immaginifici, come l'ipnotica sequenza dell'albero dei sogni, o lo scontro finale. Nel complesso la pellicola si guarda con sufficiente attenzione e partecipazione, ma le emozioni che vorrebbe trasmettere latitano un po'.
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