Regia di Edward Zwick vedi scheda film
Nel brand cinematografico imperniato sulle avventure di Jack Reacher a sorprendere non è tanto la tipologia del personaggio, prelevata di sana pianta dal modello del super soldato fuoriuscito dal sistema che agli inizi del nuovo millennio ha fatto le fortune dei vari Ethan Hunt e Jason Bourne, ne, per restare in tema di originalità, la banalità delle storie, sviluppate per lo più come pretesto per innescarne l’irriducibile efficacia. A maggior ragione non si può annoverare tra le sorprese la presenza davanti alla macchina da presa di un’icona come Tom Cruise, talmente calato nel ruolo (oltre alla saga di “Mission Impossible” appartengono alla categoria quelli di “Minority Report”, “Innocenti bugie” e “Operazione Valchiria” solo per citarne alcuni) da mettere a repentaglio la propria incolumità fisica con la volontà di girare in prima persona anche le scene più spericolate. Quello che invece prende in contropiede è il fatto di assistere alla visione di “Jack Reacher - Punto di non ritorno” senza ritrovarvi la voglia di stupire che altrove era servita da d’antidoto alla routine del meccanismo produttivo.
Rispetto a questa idea di cinema il nuovo capitolo dedicato alle imprese di Jack Reacher retrocede a mero prodotto televisivo e neanche dei più riusciti per via di un allestimento scenico e di una tecnica di ripresa paragonabili a certe serie tv americane degli anni 70 come “Starksy e Hucht”, oppure a certi action movie anni 80 che ad un certo punto ebbero l’ardire di sfidare (sul piano commerciale) i colossi realizzati dai vari Simpson e Bruckheimer; parliamo di film come “Invasion USA” (che per una settimana fu sorprendentemente al primo posto del box office) ddi “Rombo di tuono” firmati da Joseph Zito il cui leading role Chuck Norris era chiamato ad agire in un contesto reso fittizio dalla sbrigativi delle riprese ma soprattutto dall’ingenuità della messinscena che spacciava per reali ambienti - come per esempio quello della giungla vietnamita - palesemente ricostruiti in studio.
Con le dovute proporzioni “Jack Reacher - Punto di non ritorno” offre allo spettatore lo stesso tipo di operazione; giocata al risparmio soprattutto nella costruzione delle inquadrature, per la maggior parte strette sul corpo degli attori e sprovviste di quell’ubiquità visuale che in prodotti di questo tipo sono espressione del senso di onnipotenza e dello spirito di fiducia di cui non solo il protagonista ma lo stesso film si fanno promotori. Senza i consueti movimenti di macchina (piani sequenza, dolly panoramiche e carrellate) per lo più sostituiti dall'alternanza di campi e controcampi e con un montaggio ferocemente consequenziale “Jack Reacher - Punto di non ritorno” risulta statico ed elementare e neanche per un momento capace di fare della sua visione un’esperienza immersiva e totalizzante alla maniera dei grandi blockbuster contemporanei. Edward Zwick, che aveva guidato Cruise ne “L’ultimo samurai” si affida ancora una volta a lui per tenere desta l’empatia dello spettatore ma in questa nuova uscita l’attore lascia da parte il suo sorriso smagliante e il vitalismo a tutto campo per dare vita a un’interpretazione malinconica e pensierosa - in linea con il carattere di Reacher - con cui Cruise sembra aprirsi la strada per ruoli più consoni alla sua età, meno fisici e più maturi. Non è forse un caso che messo a confronto con la bella di turno (la Coble Smulders di “How I Met Your Mother”) il suo personaggio pur essendone visibilmente attratto si limiti a qualche schermaglia verbale e niente più. Forse per l’attore è venuto il momento di cambiare o più probabilmente “Jack Reacher - Il punto di non ritorno”) è solo un film riuscito meno bene degli altri.
(icinemaniaci.blogspot.com)
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