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Jack Reacher: Punto di non ritorno

Regia di Edward Zwick vedi scheda film

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La recensione su Jack Reacher: Punto di non ritorno

di M Valdemar
4 stelle

 

locandina

Jack Reacher: Punto di non ritorno (2016): locandina

 


Delude assai la seconda avventura filmica di Jack Reacher. Giù di tono Tom Cruise - già forzatura faticosamente accettabile nei panni del possente, leggendario ex Maggiore della polizia militare -, l'unico 'punto di non ritorno' sembra essere quello di un personaggio - nominalmente tostissimo, una furia inarrestabile - spogliato scaiguratamente non solo della sua iconocità ma altresì di un qualsiasi carattere di modello action generico.
Pesa inevitabilmente la dipartita di Christopher McQuarrie - rimasto soltanto come produttore - sia in veste di regista che, soprattutto, di autore della sceneggiatura: Edward Zwick si limita ad eseguire scolasticamente il compitino, senza metterci nulla né di suo né pescando a destra e a manca, col prevedibile risultato che non esiste un singolo frammento che valga la pena ricordare; con la responsabilità, inoltre, di non aver saputo minimamente sfruttare la location di New Orleans (fuga e inseguimento durante una parata di Halloween come già ne esistono in quantità industriale).
Peggio, forse, lo scritp a sei mani, tra cui lo stesso Zwick, basato sull'omonimo romanzo di Lee Child: la colpa principale, imperdonabile, va rintracciata nella volontà di adeguarsi alle correnti/mode del momento, quelle che (pre)vedono il politicamente corretto applicato alla parità di genere.
Così, se l'inserimento di una potenziale figlia adolescente (ovviamente) problematica (la combattiva, interessante Danika Yarosh) nell'universo complicato e pericoloso del mitologico Reacher può permettere di esplorarne anfratti e interstizi di solitudine, malinconia, brutale forza primigenia, il ruolo della spasimante/pari Maggiore Susan Turner, interpretata da Cobie Smulders, risulta alla fine indigesto, inopportuno. Un ruolo pure preponderante, a tratti, per mero minutaggio (immaginiamo la contabilità al montaggio), che schiaccia la squisita rozzezza, il genuino machismo della figura incarnata da Cruise.
Si scivola, ineluttabilmente, su dinamiche forzate che stridono con la monodimensionale natura del personaggio: dialoghi e discorsi e concezione generale che poco hanno da spartire con l'ironia virile e ignorante del personaggio creato da Child, con i suoi guai ricercati come ne fosse dipendente, con il suo mondo di violenza e modi spicci. In sostanza una qualunque spy/action comedy - malgrado i toni teoricamente drammatici -, per una rappresentazione piatta e moscia, scialba, che nemmeno i picchi di violenza - brevi, anonimi, per nulla "speciali" (i corpo a corpo sono una brutta, noiosa copia di uno qualsiasi preso da quelli di Jason Bourne, per dire) - riescono a smorzare: il passo è debole, senza cambi di ritmo rilevanti, nell'attesa - purtroppo vana - che emerga come uno tsunami travolgente il cieco spirito bellicoso di Jack Reacher.
Che se ne sta lì, spaesato, a guardare, a guadare a vista tra i flussi melmosi di calcoli su calcoli che bilancino pesi e misure che gli sono estranei.
Giusto il finale, col Nostro da solo in strada a fare autostop come fosse il Bruce Banner di Bill Bixby, gli (e ci) restituisce un po' di dignita.
Ma non basta a salvare un film sbagliato.
Dimenticabile (in fretta).

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