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John Wick - Capitolo 2

Regia di Chad Stahelski vedi scheda film

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La recensione su John Wick - Capitolo 2

di M Valdemar
8 stelle

 

locandina

John Wick - Capitolo 2 (2017): locandina

 


Abrasive e anfetaminiche, veementi e struggenti, le note della densa partitura electro-rock si inscrivono compiutamente nella parabola di vita e di morte (degli altri ...) di John Wick. Non arredo chic né casuale commento: Tyler Bates, sempre lui, inventa ed esegue e fa eseguire la sinfonia avvolgente che dialoga con la dimensione – elegante e maligna, dolente e silente – del temutissimo “Baba Yaga”.
Basta l'incipt.
Una coreografia spettacolare di movimenti tellurici/assalti sonori/ritmi infernali/brutalità gratuite e assortite che parte da un inseguimento tra auto a rotta di collo e prosegue in una serie impressionante e ignorante, solenne, di sparatorie e corpo a corpo per terminare in una sentenza.
«Lasciatemi in pace» sembra “urlare” (il numero delle uccisioni provocate è inversamente proporzionale a quello delle parole proferite), John.
E infatti non lo lasciano stare.
La “copertura” narrativo-teorica alle magnifiche gesta esistenzial-action di questo immortale antieroe (nonché unico, possibile, vero supereroe, oggi: ficcherebbe senza tanti complimenti matite e cancelleria varia nei nobili retti dei nobili educati Captain & c.) dimora tutta qui (serve davvero altro?): lui vorrebbe stare a riposo ma – anche come conseguenza del ritorno per affetto narrato nel primo capitolo – quelli – qualcuno, in particolare, nella persona d'uno Scamarcio raccattato per le italiche vie col ghigno compiaciuto da villain stampato in faccia – lo costringono a rientrare.
Evocato come spettro dalle tenebre, Wick nelle tenebre del mondo criminale dominato da regole e pegni siglati col sangue (ben rappresentate e descritte dal Signore del Continental, Winston/Ian McShane) si ributta anima e sangue e cuore (di plastica).
Tormentato, afflitto, sollecitato, provocato, annoiato: nemici ovunque (pure troppi, forse inutili: vedi Common, vedi una cagnesca, muta Ruby Rose: ma chissene), innumerevoli pallottole vaganti che anelano il suo corpo, sguardi truci che lo incrociano, territori neutri, asettici pronti a divenire in un baleno zone di vermiglia guerriglia urbana.
Una manciata di “dialoghi” e confronti (a partire da quello Reeves-Scamarcio, ovvero l'innesco), l'approvvigionamento dell'armamentario del buon killer (tenuta tattica in raffinato completo italiano cucito su misura – uno per il giorno uno per la notte –, mappe e informazioni per la logistica, pistole e fucili d'assalto e coltelli scelti come “degustazione”: momento impagabile), una camminata solitaria dopo qualche decina di scontri e ammazzamenti vari, la rappresentazione di una Roma che sembra uno scorcio insolente de La grande bellezza (eleganza e decadenza, una performance artistica tra antiche glorie: nella band sul palco, Le Castle Vania il dj, e Ciscandra Nostalghia al microfono, entrambi in colonna sonora): ovvero l'apostrofo nero tra una sequenza action e l'altra.
Senza tregua.
Impassibile, o quasi, l'Uomo Nero si muove con grazia e ferocia tra gli omini/ostacoli di un cammino tumultuoso lastricato di cattive intenzioni e materia cerebrale: una danza notturna di morte e di morti, tanti, tantissimi, infiniti.
La mdp vi si muove energica e concentrata cercando soluzioni non banali (l'inseguimento del cattivo, condito di combattimenti e scontri a fuoco, al museo a NY: nel loop delle immagini riflesse, il riflesso dell'anima nera, dall'estensione oltre-umana, di John Wick), catturando istantanee e l'essenza stessa di una iperviolenza cruda e viva di stunt e artigianato nobile, realistica nella sua “fumettosità”, trovando la sua cifra stilistica nella composizione omogenea di pezzi al fulmicotone (tutte calibrate e riuscite le scene di azione), gestendo tempi e dinamiche, luci e chiaroscuri.
Il bonus è la reunion Neo-Morpheus: uno, ora, è l'Eletto delle Tenebre, l'altro il Re degli straccioni, un mondo sotterraneo e parallelo … Inestimabile e puro orpello, a dirla tutta; e pura goduria.
Il negativo, per quello che vale, riguarda la durata diluita (si poteva eliminare qualche momento “riflessivo”, ovvio!) e, per la versione italiana, il sempre deleterio auto-doppiaggio degli interpreti nostrani (oltre a Scamarcio, la Claudia Gerini rappresentante della Camorra alla “Granda Tavola” del crimine – nuda e ricoperta di sangue ha un suo perché –, e la “guest appearance” Franco Nero, corrispettivo romano di Winston).
Quisquilie.
Nel finale, per aprire la strada a un prosieguo inevitabile ma anche per aprire ancor di più il cuore dell'Uomo Nero, giungono, come uno tsunami di proiettili perforanti, scomuniche ufficiali e inequivocabili, estreme dichiarazioni di guerra.
Prospettive di morte. Ancora.
La risposta (ma quale spoiler, suvvia) soffia ferina nel Verbo. Di John Wick.


I will kill them … I will kill them all!







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