Regia di Paul Greengrass vedi scheda film
A 14 anni dal suo esordio, la saga di Jason Bourne (Damon), personaggio partorito dalla fantasia di Robert Ludlum, arriva al suo quinto episodio (sebbene uno dei cinque, The Bourne legacy, fosse in realtà uno spin-off), in una sorta di prequel dove, in realtà, l'agente segreto solitario - che nel frattempo sbarca il lunario in Grecia combattendo a mani nude negli incontri clandestini - si ritrova faccia a faccia con la cruda verità della perdita della sua memoria. Grazie a un'amica hacker che ci rimette la vita, scopre così che il padre, un devoto patriota, è stato ucciso perché aveva capito quanto di sporco ci fosse in alcune operazioni della CIA, rendendo il figlio inconsapevole complice. Tra inseguimenti, sparatorie e scazzottate in varie location (le scene più spettacolari sono quelle girate durante le proteste di piazza Syntagma, ad Atene, e l'inseguimento ipertrofico con montaggio adrenalinico a Las Vegas), Bourne cerca di svelare il doppio gioco dei vertici della Cia rappresentati dal direttore (Jones) e da un'ambigua e bellissima analista informatica (Vikander, già vista nei panni di una ammaliante cyborg in Ex machina e di una premurosa moglie in The danish girl), sicura protagonista del prossimo episodio.
Affidato per la terza alla regia di Paul Greengrass (i due film diretti in precedenza furono The Bourne supremacy e The Bourne ultimatum), questo giocattolone con pretese di richiami all'attualità (i social network, Wikileaks) si caratterizza per la sproporzione tra dialoghi e azione, a netto vantaggio di quest'ultima. Il che non necessariamente è un male se si vuole mettere il cervello in naftalina per un paio d'ore, godendosi le location più disparate e un cast d'eccezione nel quale il cattivissimo sicario Vincent Cassell riesce a rubare la scena al protagonista. Il problema è che, con blockbuster come questo, si rischia l'overdose.
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