Regia di Sydney Pollack vedi scheda film
Alcuni soldati americani prendono posizione in un castello del Belgio e, sapendo che è sulla strada di una controffensiva tedesca, si preparano a difenderlo. Film di guerra a tratti surreale per ambientazioni, eventi portati in scena, tratteggio dei personaggi: l'immenso e sfarzoso castello è abitato unicamente da una coppia di nobili, giovani eppure decadenti, gravati dall'ipocrisia ereditaria della loro essenza. Il comandante statunitense sviluppa un'ossessione per la difesa del castello, non esitando a sacrificarlo, se necessario, e studiando una serie di stratagemmi utili a ritardare l'avanzata tedesca. Il suo sottoposto è un artista, interessato più ai tesori culturali contenuti nel maniero, che all'andamento della guerra. I soldati, chi al castello, chi stabilendosi in un paese vicino, vivono i giorni precedenti l'attacco nella piena realizzazione dei loro desideri; c'è chi "umanizza" un Maggiolone; un fornaio che si accasa nel laboratorio della vedova di un altro fornaio belga; chi, ben accolto, si gode la vita nel bordello locale. Dopo alcune scaramucce, nel corso delle quali è dato capire che per la fossilizzata nobiltà se prevalgono tedeschi o americani, è lo stesso, il nemico, quasi un'entità astratta perchè i soldati tedeschi sono mostrati il meno possibile, giunge in forze e nonostante l'eroica difesa, espugna il castello nell'allegoria di un assedio medievale. Le sequenze di combattimento sono "solide" ed avvincenti, ma ciò che colpisce di più sono le lunghe sequenze precedenti, nel castello, nei boschi, nel paese - spettrale, spopolato - il tutto ammantato in un leggero strato di neve che crea un'atmosfera ancora più malinconica e straniante. Colpiscono inoltre le sequenze con gli obiettori di coscienza e i soldati americani in ritirata, sfiniti e sfiduciati. Una velata ennesima denunzia sull'assurdità della guerra, che non risparmia nulla: sogni, aspirazioni, cultura, bellezza.
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