Regia di Danny Perez vedi scheda film
“My Life OutSide LitchField” (alternative-parallel version) by Nicole “Nicky” Nichols.
La situazione è tragica e serissima, e ci si diverte un fracco.
Danny Perez (http://diptriana.com/), video-artista al suo esordio nel lungometraggio, dopo lo sperimentale mediometraggio (album-visuale) di un lustro antecedente (2010), “ODDSAC”, con/per gli Animal Collective (visibile ed ascoltabile qui e qui, in due caricamenti AV di YT), in questa sua opera prima in territorio Body Horror ritrae - senz'alcun compiacimento verso l'estetica del white-trash -, come fosse James Gray (o John Huston, o Arthur Penn, o William Friedkin, o Hal Ashby, o Sean Penn, David Gordon Green, Debra Granik), lo sprofondo del nessundove da qualche parte in Michigan (set: Ontario) : Lou (Natasha Lyonne) e Sadie (Chloë Sevigny) sono due migliori amiche : l'una ha subito un aborto “naturale” nel cesso di una discoteca , l'altra è in cerca del figlio disaffidatole, l'una cerca di sopravvivere al ciglio della strada (nessuna allusione o doppio senso:
qui si vuole intendere “ciglio della strada” nella sua manifesta essenza di cosa-che-è) abitato da soldati e marines reduci da una qualche qualsivoglia guerra degli anni zero, predicatori catodici, testimoni di incontri ravvicinati (sempre dal fronte esteso, ma pseudo-hippie) e guardoni ruffiani per conto terzi (nel senso di terzo tipo) grazie a lavori saltuari e alla protesi-bong sempre in perenne funzione anti-catarro - oggetto d'arte concettuale di alto design per arredamento d'interni -, l'altra sembra più inserita nel contratto-contesto sociale.
La triade composta da David Lynch (i cortometraggi d'esordio e Blue Velvet), David Cronenberg (Shivers, Rabid, the Brood, Scanners, VideoDrome, the Fly, Dead Ringers, Naked Lunch, eXistenZ) e John Carpenter (the Thing, Prince of DarkNess, In the Mouth of MadNess, Cigarette Burns, Pro-Life); il proletariato in poliestere di John Waters; le Fini di Mondo by Gregg Araki & Harmony Korine; qualcosa di Vincent Gallo (the Brown Bunny), Marina de Van (Dans Ma Peau) e Claire Denis (Truble Every Day); l'impasto cromatico vetero-neotenico di Hélène Cattet e Bruno Forzani;
l'orgasmica (e a volte iper) produzione di Takashi Miike, Sion Sono e Takashi Shimizu; e ancora: Shinya Tsukamoto, Alejandro Jodorowsky, Brian Yuzna, Richard Kelly e Jean-Pierre Jeunet; le dementi derive consapevolmente spastiche ed ambiziosamente aberranti di Kevin Smith; le bucce dei corpi svuotati-risucchiati di Jonathan Glazer (Under the Skin); tutto questo ed altro ancora: aggiungerne a piacere (dal PdV prettamente formale e non contenutistico: le ottuse pratiche occultistiche della malora di Kenneth Anger). Tutto ciò e molto altro è alla base del mash-up/remix/reboot operato e messo in scena da Danny Perez.
Natasha Lyonne - “Orange is the New Black” [stag. 1, 2, 3 (ep. 1-3, 4-9 e 10-13), 4 (ep. 1-8 e 9-13), etc...] -, qui anche co-produttrice, porta sulla spalle, nel ventre, tra i lembi di pelle sfilacciati e le vesciche purulente il carico del film (la solita, vecchia, logora, inossidabile storia di ecco com'è che va il mondo: più o meno: i maschi sfruttano le femmine, e gli alieni non fanno eccezione);
Chloë Sevigny, musa di seminale importanza per il cinema indipendente nordamericano, impersona la sua nemesi; Meg Tilly, indimenticata nel/dal Big Chill kasdaniano, sforna una prova egregia. Chiudono il cast gli ottimi Mark Webber, Maxwell McCabe-Lokos ed Emmanuel Kabongo.
Fotografia di Rudolf Blahacek che non teme sbalzi tra esterno sovraesposto sotto al cielo basso che opprime il terreno di fango e neve e lisergici interni di neon-pastello e incandescenza notturna.
Montaggio di Aden Bahadori che sfrutta al massimo il low-budget (multi-camera, single-shot) restituendo una invidiabile coerenza tra campo e contro-campo e rispettandone la continuità.
Musiche originali di John Kanakis e preesistenti a maggioranza di Eric Copeland (Black Dice e, con Avey Tare degli Animal Collective, Terrestrial Tones) : sono presenti per 3/5 abbondanti di film e non vanno, mai, fuori giri.
Effetti speciali materiali di James Sled e digitali di RedLab (Pallavi Joshi & Adam Gagnon).
Millemila volte meglio “AntiBirth” di questo. O di marioadinolfi incinto (volgarizzazione etimologica e forzatura semantica, ma serve a rendere la terrificante idea). Le scimmie (di mare) - teletubbies - inseminator gli fanno 'na pippa a due mani.
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