Regia di Danny Perez vedi scheda film
Confuso ed eterogeneo guazzabuglio di generi che tenta di contaminare il giallo psichedelico e grottesco alla Wes Anderson con l'horror fantascientifico alla Eli Roth, questa produzione indipendente canadese molto spesso disgusta, qualche volta strappa un sorriso e raramente riesce a scuotere lo spettatore dal suo torpore ipnagogico.
Dopo un rave party a base di droghe, alcool e sesso, le già precarie condizioni psico-fisiche di Lou risentono dei postumi di quella che a tutta prima sembra uno stato di gravidanza tutt'altro che desiderato. Le cose si complicano quando inizia a sperimentare inquietanti trasformazioni fisiche ed uno strano vuoto di memoria da cui affiora sempre più forte il sospetto di essere stata manipolata e usata per misteriosi scopi scientifici. L'aiuto non richiesto di una sconosciuta e stravagante inquilina del motel in cui lavora le faranno scoprire una terribile e sconcertante verità.
Confuso ed eterogeneo guazzabuglio di generi che tenta di contaminare il giallo psichedelico e grottesco alla Wes Anderson con l'horror fantascientifico alla Eli Roth (Cabin Fever), questa produzione indipendente canadese dimostra ancora una volta il gusto malsano che le fredde lande d'oltreontario ispirano per inquietanti sperimentazioni biologiche che originano dalla fantasia malata di vegliardi eremiti col pallino della criptozoologia (Tusk) piuttosto che dal laboratorio a cielo aperto di una congiura governativa in combutta con i mostruosi e viscidi figli stelle (Dreamcatcher). Se il registro latamente ironico sembra fare da collante per una storia che si muove tra le ambiguità di un clima di sospetto e di complotto che scopre con parsimonia le sue carte e l'esplicita metafora sulla gravidanza quale ingovernabile e indesiderata trasformazione del corpo della donna, quello che difetta al film è soprattutto un impianto organico che non disperda le sue buone intuizioni nei mille rivoli di una narrazione episodica e inconcludente, affidando al colpo di scena finale (si fa per dire!) il compito di dare un senso compiuto ad avvenimenti e psicologie appena abbozzate o peggio abbandonate più spesso a mezza strada. Un B-movie in piena regola quindi, le cui malcelate ambizioni d'autore mescolano gli echi di una funesta deriva hippie a base di una misteriosa 'Sostanza M' cara a Dick, le allucinazioni psicotrope di un 'Fear and Loathing...' ambientato nel buco del culo del Michigan e le inquietanti metamorfosi di una eterodiretta e rettiliana partenogenesi cronemberghiana. Roba che molto spesso disgusta, qualche volta strappa un sorriso e raramente riesce a scuotere lo spettatore dal suo torpore ipnagogico. Resta da capire non tanto il recupero di una rediviva Meg Tilly acconciata come Ottavia Piccolo (io la ricordavo giovane e carina dai tempi de Il grande freddo), quanto l'arruolamento di nomi un pò più celebri come quelli di Chloë Sevigny e Mark Webber; anche se la parte principale è per la fattona inguardabile e sconclusionata interpretata dalla brava e ben in carne Natasha Lyonne. Presentato al Sundance Film Festival e all'After Dark Film Festival 2016, ha ricevuto l'inspiegabile sostegno economico del governo Canadese. Chissà che si fumano da quelle parti?
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