Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Tutti, sulla Terra (generaloni, giornalisti, le mogli del soldato...), vorrebbero sapere anzitutto cosa vogliono e cosa siano venuti giù a fare i misteriosi “eptapus”. Io mi sono fatto un’idea: i poliponi zoppi sono venuti per loro due, per Louise e Ian, e per nessuna altra ragione al mondo (o ai mondi). Mi si dirà: ma c’era bisogno di mobilitare il cosmo, rischiare la rottura di relazioni diplomatiche internazionali, costringere la faccia di Forest Whitaker (una delle facce più buone mai viste al cinema) a indossare la divisa di colonnello degli Stati Uniti, sprecare chissà quanto gasolio per una missione interplanetaria solo per spiegare a quei due che la concezione lineare del tempo andrebbe ripensata?
Io dico di sì: quella mano che Louise appoggia sullo schermo alieno dopo essersi spogliata di tutte le formalità e le precauzioni umane, quel gesto che ottiene subito riscontro da parte extra terrestre con la medesima schiettezza, il fatto che, di dodici postazioni scelte per il contatto con la Terra, solo in quella in cui sono presenti Ian e Louise sia realmente attiva e reattiva, che possa essere solo un approccio “umanistico” (nella fattispecie: filologico) e non solo scientifico (tanto meno militare, mai e poi mai, ovviamente) quello adatto per una reale conoscenza e accettazione reciproca, mi fa credere che sì: per una volta, gli alieni di un film di fantascienza non vengono per sconvolgere le sorti di un piccolo, insignificante pianetozzo smarrito da qualche parte nel fiumiciattolo di una galassia lattiginosa, ma semplicemente per spiegare qualcosa a due persone specifiche, per raccontare loro della loro storia, la loro vera storia, bombardandoli pacificamente di emozioni inspiegabili ed improvvise di un prima e di un dopo, un prima e un dopo che non esistono se si ragiona, si parla, e si impara a scrivere in cerchio, sull’aria, direttamente con le mani.
Di questo “Arrival”, della sua (an)atmosfera irresistibile, della sua intelligenza, della sua sonorità fatta di rumori che sono suoni, e di suoni che sono voci, e di voci che non si parlano, ma che si descrivono e si disegnano con inchiostro psichico nero-di-seppia, della sua delicatezza, dei suoi “effetti speciali” che finiscono per sembrare molto normali, io mi sono fatto un’idea: gli alieni sono venuti sulla Terra per conoscere Amy Adams, l’attrice migliore nel posto migliore del miglior film di fantascienza che io ricordi.
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