Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
Gli extraterrestri atterrano sul nostro pianeta in dodici località diverse sparse nel globo, secondo un criterio oscuro (lì, nel 1980, i Pink Floyd hanno piazzato un brano nella hit parade: paradossi della statistica…). Negli States una linguista (Adams) e un fisico teorico (Renner) vengono reclutati dall'intelligence locale guidata dal colonnello Weber (Whitaker) per cercare di capire cosa vogliano gli alieni, degli eptapodi che si esprimono attraverso un complesso sistema di pittogrammi circolari e senza verso. Le autorità militari di mezzo mondo sono in allerta (sarà una nuova Guerra dei mondi?), pronte ad abbattere il nemico con l'impatto che avrebbe una mosca contro un elefante. Ma davvero gli extraterrestri hanno intenzioni così nefaste?
Arrivato al suo quarto lavoro da regista, Denis Villeneuve firma il suo film più ambizioso, che è anche il meno riuscito, dimostrando però ancora una volta una grande capacità di spaziare tra i generi. Dopo il melodramma di ambientazione bellica de La donna che canta, il giallo di Prisoners e il poliziesco Sicario, con Arrival il regista canadese propone un'opera di fantascienza tratta da Storia della tua vita di Ted Chiang e sceneggiata da Eric Heisserer. Se la prima parte del film, imperniata sul contatto con gli extraterrestri, spazia adeguatamente tra l'ipotesi Sapir-Whorf e la serie di Fibonacci, con densità di contenuti, originali trovate visive realizzate in motion capture e indovinate invenzioni futuristiche (c'è anche lo zampino dell'artista James Turrell), nella seconda, dominata dal tema della contrazione dello spazio-tempo (siamo dalle parti di Interstellar), il film si perde in un plot cervellotico e stucchevole, con trama da tipico prodotto strappalacrime a stelle e strisce (l'amore materno, la malattia, il lutto) e risvolto rosa completamente fuori registro.
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