Regia di Denis Villeneuve vedi scheda film
“A volte penso che il segno più certo dell'esistenza di vita intelligente in qualche parte dell'universo sia il fatto che nessuno di loro abbia cercato di contattarci.” Bill Watterson
01 settembre 2016
ARRIVAL
di
Denis Villeneuve
Venezia 73 - Concorso
“A volte penso che il segno più certo dell'esistenza di vita intelligente in qualche parte dell'universo sia il fatto che nessuno di loro abbia cercato di contattarci.”
Bill Watterson
Una spruzzata d’inchiostro che sfocia in una scrittura sismografica, fatta di segni tipo quelli dell’elettrocardiogramma che si arrotondano in cerchi più simili a un modello frattale di Jackson Pollock o a delle opere di Kounellis, è come si fanno vivi con noi gli alieni, secondo l’idea tratta dal breve racconto di Ted Chang, elegantemente reinterpretata da Villeneuve.
Così comunicano due giganti ectapodi, ironicamente soprannominati Gianni e Pinotto, arrivati sulla terra con uova giganti che hanno colonizzato il pianeta in dodici centri nevralgici.
A che scopo? Tenta di capirlo la studiosa, Louise Banks, esperta linguista, (bravissima e glaciale Amy Adams, presente anche nel film di Tom Ford, Nocturnal Animals, sempre a Venezia), che viene arruolata dal governo americano per cercare un dialogo con gli extraterrestri, cioè i due polipotti giganti.
Visivamente maestoso, elegantissimo nella forma, con toni colori e inquadrature di grandissima potenza e originalità tanto da farne ogni volta un piccolo grande quadro a se stante, Arrival, se da un lato sciocca e ipnotizza per le modalità di presentazione, non convince del tutto per la sostanza.
Vero è che sull’imprinting fantascientifica si innestano altri temi tesi a far riflettere sul significato di segno, di linguaggio, sull’importanza delle relazioni, anche verbali, intese proprio come primo elemento per stare in pace con gli altri, da qualsiasi mondo essi arrivino.Ahimè la sceneggiatura, fatta di flash e fast forward o backward non regge del tutto, aprendo un buco nero, non solo di fisica quantistica, ma anche nella falla d’interpretazione e comprensione, che lascia lo spettatore un po’ confuso o miracolato. A seconda dei punti di vista.
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