Regia di John Lee Hancock vedi scheda film
Il lupo che si divorò il Nome.
Nel nome - del dio (denaro), della patria, della famiglia -, la fondazione di una «nuova chiesa americana».
McDonald('s).
(paura, eh?)
Dagli archi dorati al rivoluzionario “sistema espresso” alla qualità del servizio, finanche alla genuinità delle materie prime (ebbene, sì: così era, anche se non ci parrebbe): l'assimilazione è famelica e annichilente; eppure è nell'immediata identificazione del marchio come “proprio”, della Nazione, che «sa di America» - al pari della bandiera a stelle e strisce, delle croci che si stagliano dagli edifici religiosi -, l'atto definitivo e fondativo, l'inghiottimento total(izzant)e, la nascita di un impero.
L'intuizione che toglie sonno.
Ma che permette a un tizio nemmeno tanto brillante, un sognatore travestito da sanguisuga - o forse il contrario - di sfruttare le infinite perverse vie del capitalismo, lastricate di cattive intenzioni e ancor più cattive azioni, e soprattutto di “valori immobiliari” e giochi di coscienza variabili, per fabbricarsi il suo Sogno personale.
Il resto sono note a margine: contratti elusi, prevaricazioni in serie, ostacoli e fraintendimenti, nemici e alleati, affetti collaterali, idee che balenano e si spiaggiano contro enormi mura, e altre idee che aprono nuovi percorsi nell'infinito mare (consumistico) di possibilità.
Note dello spartito dei biopic che si conoscono oramai a memoria; e di cui osservano, con religiosa riverenza, canoni e ritmi, attacchi e sussulti, bilanciamenti e assoli, struttura e copione, ammiccamenti e simboli(smi).
Le logiche tutte.
The Founder, nel suonarsela come storia di un conflitto, quello tra il lupo Ray Kroc e gli agnellini fratelli McDonald - due visioni all'opposto: affarismo sfrenato vs. rigido rispetto di un'anima alimentare autentica - canta l'ennesima sinfonia dell'ennesimo caso di American Dream.
Nella maniera più standardizzata possibile: ovvero, quando all'industrializzazione del Sogno corrisponde l'industrializzazione del suo racconto.
(in questo senso vanno: interpretazioni, meccanismi, ovvi passaggi enfatizzati ed altri trascurati - vedi la sfera sentimentale -, scene di punta - vedi Keaton/Kroc parlarsi/mentirsi allo specchio -, immancabili didascalie finali … oibò, c'è più sorpresa addentando un hamburger!)
Se non altro, il film diretto dal manierato John Lee Hancock, ha il merito di dare la giusta collocazione ai fratelli McDonald.
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