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Pomodori verdi fritti alla fermata del treno

Regia di Jon Avnet vedi scheda film

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La recensione su Pomodori verdi fritti alla fermata del treno

di giurista81
7 stelle

Pellicola spacca cuore costruita su due binari paralleli, una sorta di storia nella storia che ripercorre, nel bene e nel male, le vicessitudini della vita. "Lo sai secondo me qual'è la cosa più importante della nostra vita?" chiede l'anziana vecchietta che funge da fulcro dell'intero film "gli amici, gli amici veri." Ed è questo che è Pomodori Verdi Fritti alla Fermata del Treno, un film sull'amicizia intesa nel senso profondo del termine. Un'amicizia che sconfina nella dimensione di un amore da definirsi nel senso più alto del termine, libero da ogni senso di gelosia e di malato senso di appartenenza, persino oltre agli stimoli di natura sessuale. Jo Avnet, alla regia, debutta in un modo così promettente da lasciar pensare di avere a che fare con un regista che farà carriera. Non a caso conquista subito due nomination all'oscar e tre ai Golden Globe. Purtroppo per lui non terrà troppo fede alle aspettative. Nella fattispecie però, complice il lavoro alla sceneggiatura di Fannie Flagg, Avnet tocca corde emotive che scuotono l'animo dello spettatore. Tutto si innesca in modo casuale, in un ospizio, dove la problematica Evelyn Couch, interpretata dal premio oscar Kathy Bates (indimenticabile protagonista di Misery non Deve Morire), si trova cacciata dalla stanza in cui è ricoverata la zia del marito. La donna sta attraversando un periodo di crisi esistenziale, più specificatamente sta vedendo scemare l'amore che funge da collante al proprio matrimonio, sempre più alla deriva in quella banale quotidianità in cui rischia di affondare la vita di coppia, con un marito che preferisce guardare la televisione che dare spazio alla propria moglie. La donna, non a caso, è in cura in un gruppo che cerca di risvegliare la giovinezza d'animo perduta. Eppure sarà proprio una vecchia sconosciuta dell'ospizio a trasformare Evelyn Couch, a riportarla a nuova vita e a imporsi nei confronti dei prepotenti e persino del marito. A fungere da sprono è la storia di una vecchia amicizia, anche se tra le linee si legge un vero e proprio amore platonico, tra due giovani donne degli anni '30. Avnet prosegue così mettendo in scena, in modo parallelo, le due storie: quella raccontata dalla vecchia dell'ospizio (Jessica Tandy, che strappa con la performance la nomination all'Oscar quale migliore attrice non protagonista) e quella in cui si svolgono i fatti. 

La sceneggiatura, dapprima lenta, porta sempre più lo spettatore a fraternizzare con i personaggi e prende persino una piega dai contenuti gialli, con un omicidio irrisolto di cui solo alla fine si riuscirà a venire a capo (peraltro in modo assai macabro). Avnet mette nel calderone di tutto, dall'intrigo giallo, alle sofferenze patite dalle donne in  balia di uomini violenti e di una società maschilista e razzista. La spensieratezza e il coraggio di Idgie Threadgoode, cui da corpo la sbarazzina Mary S. Masterton, saranno le armi che permetteranno alla più femminile amica Ruth Jamison (Mary Louise Parker) di tornare a nuova vita dopo aver contratto un matrimonio sbagliato, con un coniuge padre-padrone che la picchia e pretende di tenerla sottomessa. Avnet è di un romanticismo unico, sia prima che dopo il grande passo di Ruth. La storia passa da quegli snodi tragici (la morte di un giovane fidanzato, della madre, il fallimento di un matrimonio e infine una malattia prococe) di cui purtroppo è caratterizzata la vita, ma che non fanno altro che cementificare il rapporto di amicizia. Niente e nessuno sembra in grado di spezzare il legame tra le due donne, un legame che finisce per traslarsi dal racconto alle due donne che ne rivangano il ricordo. Nasce infatti una profonda amicizia, paragonabile a quella del racconto, anche tra la vecchia signora dell'ospizio e l'occasionale ascoltatrice dei fatti. Ecco allora che il racconto assume valenza curativa, una via per liberarsi delle negatività e assaporare quel che di buono c'è nella vita, poiché, come si suol dire, la vita è unica e non va sprecata. Evidente il mutamento comportamentale che subisce il personaggio di Kathy Bates che passa da depresso a entusiasta. "Un cuore anche se spezzato continua a battere" si dice nel film, così come le persone care che ci hanno lasciato sopravvivono alla morte nel ricordo delle persone ancora in vita. Dunque una pellicola romantica, molto malinconica che sa far scendere le lacrime dagli occhi dei più sensibili ma che, alla fine, lascia una speranza. Niente è perduto se si ha qualcuno con cui condividere le proprie giornate, un qualcuno capace di ascoltare e raccontare racconti con cui evadere dal grigiore della quotidianità.  Avnet forse la vede facile, ma trovare veri amici è tanto raro come trovare il vero amore, questo quello che ci sentiamo di dire al termine di questa recensione.

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