Regia di John Sturges vedi scheda film
Prendendo da "Quel Treno per Yuma" l'ispirazione di fondo, e da "Mezzogiorno di Fuoco" il gioco-tormento sul tempo che passa, John Sturges confeziona un western molto rigido, nello schema narrativo come nella costruzione dei personaggi, che più che uomini complicati sul fondo dello scenario più bello del cinema, sono per lo più dei monoliti che funzionano narrativamente. L'indagine psicologica non è di questi posti, qui vige la legge dell'uomo forte, stoico, integro. Ma c'è spazio per affondi inusuali come la difesa della dignità indiana (difesa da entrambi i leader in scena), e l'omosessualità velata dei due giovani protagonisti che nello stupro ricercano la prova della loro virilità, loro che virili non lo sono affatto nella vita. In più ci sono delle immagini straordinarie, molto liriche rispetto alla prosaicità del resto del film, ma sono proprio quelle che restano a lungo nella nostra memoria visiva. Anthony Quinn va detto che qui supera il grande Douglas, che di suo è stato uno dei migliori attori western del periodo di mezzo. Ma Quinn fa sfoggio di una ruvidità e di una padronanza delle pose straordinaria, in più, la sua mise è migliore di quella di Douglas, e vederlo all'aperto che si staglia sull'orizzonte, malinconico e angosciato, è qualcosa di indescrivibile.
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