Regia di John Schlesinger vedi scheda film
Il grande ritorno di Schlesinger al successo e all'incasso dopo due film molto belli a mio avviso ma di poca fortuna commerciale coincide con la realizzazione del suo primo thriller spionistico e con molte altre peculiarità che andrò ad elencare.
La sua seconda ed ultima collaborazione con Dustin Hoffman che aveva diretto pochi anni prima nel capolavoro Midnight Cowboy, fu proprio Hoffman a volere fortemente la parte di Babe Levy per il desiderio di lavorare ancora con il regista che lo aveva consacrato e perchè si vedeva molto bene nella parte nonostante avesse trentotto anni proprio per il fatto che laurandi lo si può essere anche a quella età ed il suo fisico minuto aveva tutte le caratteristiche di un atleta che si allena per la maratona.
La partecipazione del grande Laurence Olivier nel ruolo di Zell il dentista torturatore degli ebrei nei lager che da anni si è rifugiato in Uruguay e sta ammucchiando diamanti in una cassetta di sicurezza a New York: l'attore era malato di cancro e non era assicurabile ma la produzione fece una richiesta speciale ai Lloyds di Londra per assicurare il più grande attore del mondo e fargli fare una parte nel film del più grande regista inglese vivente, il risultato fu che i Lloyds accettarono e Olivier nonostante le pesanti cure a cui era sottoposto con l'aiuto di tutto il cast portò a casa una candidatura agli oscar come miglior attore non protagonista dando vita ad un cattivo nazista memorabile con la lama retrattile al polso e una battuta entrata negli almanacchi quando tortura Babe e gli ripete - Ma lei è sicuro? -, oltre a ciò pare che il rimettersi in moto sostenuto da tutta la produzione che con un professionista come Schlesinger a capo fu senza alcun intoppo giovò molto alla salute del grande attore britannico che visse altri tredici anni dandoci ancora grandi interpretazioni dimostrando di essere fortissimo anche contro un male incurabile.
Il film grazie a questo incontro scontro di due attoroni attirò il pubblico e fu un successone aprendo l'ultima parte della carriera di Schlesinger ahimè dopo Il maratoneta poco redditizia al botteghino, popolata da qualche commedia, avventure sentimentali e molti thriller dei quali Marathon man è considerato anche da me il più bello soprattutto per una regia ai massimi livelli del grande John ma anche Il gioco del falco e Uno sconosciuto alla porta li considero due grandi film.
L'adattamento del romanzo omonimo di William Golding è l'occasione per Schlesinger di esporre le sue tecniche di ripresa dei film passati soprattutto nella prima parte iniziando proprio dal titolo del film che si aggancia perfettamente all'episodio da lui ralizzato per Visions of eight il documentario ufficiale di Monaco 72, intitolato The longest (il più reistente) è tutto incentrato sulla maratona ma è ovviamente di stampo documentaristico, qui invece l'immagine di un podista vero cioè Abebe Bikila si sovrappone nei titoli di testa a quella di un eroe fittizio con cui ha molti punti in comune ovvero Thomas Babington Levy detto Babe che si allena per la maratona girando in cerchio al bacino di Central Park.
Bekila è l'etiope che correndo scalzo vinse a Roma nel 1960 diventando una specie di Ghandi dello sport mentre Babe è l'ebreo in cerca di riscatto da una solitudine interiore dovuta anche al trauma di un padre dissidente accusato di essere comunista e suicidatosi in pratica sotto gli occhi di Babe con un flashback in perfetto stile Schlesinger già mostrato in Midnight Cowboy.
Il ragazzo conserva da quel giorno la pistola ed ha un carattere taciturno e malinconico, studia storia all'università ed ha un fratello misterioso: David detto Doc che dovrebbe essere un uomo d'affari ma in realtà è un trafficante di diamanti, nome in codice Shylla che vive nella prova svavillante di un mai più così in forma fisica Roy Scheider.
L'ormai affermato attore protagonista in Jaws leggendo il romanzo rimase colpito dal personaggio sofisticato ed elegantissimo del corriere di Zell che smuove diamanti per lui dall'Europa fino a New York e altrettanto deluso quando scoprì che moriva presto nella storia; ciò nonostante tutta la parte a Parigi in cui viene introdotto e sviluppato il suo personaggio è qualcosa di fenomenale, un prontuario del miglior Schlesinger a cominciare dalla faccia perfetta di Scheider che in taxi uscendo dal tunnel dove morì Lady Diana passa dal buio alla luce con montaggio e controcampo sui ciclisti in protesta, una inquadratura incastrata come in Domenica maledetta domenica fra Peter Finch e un gruppo di pattinatori nel cuore di Londra.
Shylla nella sua suite appartamento si muove come Roger Moore nei panni del Bond di quegli anni e proprio qui comincia lo Schlesinger nuovo, quello hitchcockiano che non si era ancora visto: lo segue in cerca del suo contatto per la consegna fra i mercatini di Parigi, sembra di essere tornati ai tempi di Terminius il suo docuentario sulla stazione di Londra ma c'è nell'ombra un volto dagli occhi di ghiaccio in agguato su Shylla.
Lo segue come nascosto nel buio in un'altra scena da brivido dal sapore argentiano per esecuzione in cui un'altro corriere femmina scompare inghiottita dall'oscutità sotto i suoi occhi ed una palla da calcio alla Stephen King lo invita a giocare.
Il segmento si chiude con il corpo a corpo eccellente fra inseguito e inseguitore, roba mai vista in un film del maestro e l'ha risolta da tale con Scheider che sprigiona tutta la grande fisicità del suo momentum attoriale.
La parte in cui Shylla è grande protagonista ha quasi un sapore friedkiniano, accende la miccia e si conclude con l'introduzione dell'ambiguo in tutti i sensi Janewey interpretato da William Devane: Shylla ferito ad una mano dopo lo scontro deve lasciare Parigi in tutta fretta e mentre riceve le cure del caso il suo "collega" gli dice - Non potremo giocare in doppio per un po' - con una velata allusione omosessuale contraccambiata dall'ennesimo sorriso di bravura di Scheider, e questo è un'altro marchio di fabbrica del grande John Schlesinger che pur essendo dichiaratamente gay non fece cento film sull'argomento e gli bastava anche dare un tocco di classe così semplice ed umano.
Shylla ha ormai compreso che Zell sta uccidendo tutti i suoi corrieri e vuole rientrare negli USA per ritirare il bottino pur sapendo che i diamanti sono in una banca nella zona ebraica di New York e rischia grosso a farsi vedere in giro.
Dustin Hoffman e Marthe Keller
Egli stesso rientra in America e l'unico luogo in cui si sente al sicuro è da Babe che nel frattempo all'università ha conosciuto una bellissima studentessa svizzera nelle sembianze della divina Marthe Keller, altro grande valore aggiunto del film in pratica gli stessi elogi profusi per Scheider al femminile: ho visto il provino con Hoffman in cui portava ancora i capelli lunghi dato che stava terminando Tutti gli uomini del presidente e c'è fin da subito un grande feeling e pure dell'imbarazzo con la Keller che sembra arrossire sotto quegli occhioni, non dimentichiamoci che era per l'affascinante attrice elvetica il primo ruolo in una produzione ad alto budget in America e il confontarsi subito con un talento come Hoffman deve essere stato stuzzicante ma anche difficile.
Schlesinger in questo tratto del film per lui congeniale è magico, tutto lo splendore dei primi piani alla Christie e Stamp infuocati innamorati in Via dalla pazza folla o nel ménage a trois fra Finch, Head e la Jackson nel mio adorato Domenica maledetta domenica sono ripresi alla grandissima nella scena in cui Babe approccia Elsa nella biblioteca e poi la rincorre fino a casa, adoro la parte in cui sembra che con l'amore Babe possa ritrovare fiducia in se e nel prossimo ma alla cena con Doc ed Elsa i nodi cominceranno a sciogliersi fino alla magistrale scena dell'incontro fra Scheider e Olivier che sembra presa da un film noir ad eccezione di due luci rosse: il primo è un presagio sotto quella scala bianca riflessa nell'acqua, il secondo raggio di luce si appoggia sul corpo di Shylla dopo che Scheider ci ha dato l'ultimo tratto di recitazione maiuscola e Schlesinger l'ultimo virtuosismo di una prima parte da antologia.
La seconda parte è tutta incentrata su Babe che come un moderno perseguitato si ritrova senza alcun motivo braccato dal mostro nazista Zell e la sua organizzione, convinto che suo fratello gli abbia rivelato qualcosa.
Il racconto spionistico riesce a far riemergere l'incubo dell'olocausto, non tutto torna nell'intreccio ma qui Schlesinger esplora nuovi territori sfruttando al meglio un Hoffman disposto a farsi tenere sott'acqua per parecchio tempo, farsi quasi torturare davvero da Olivier nella scena più famosa del film che doveva essere molto più grafica e lunga ma alle prime i realizzatori si accorsero che il pubblico rimaneva troppo impressionato e la modificarono tagliuzzandola evitando di mostrare Zell che agiva con un trapano finto sulla dentatura di Babe con l'audio vero che rendeva l'effetto, le riprese delle corse in allenamento dentro New York e soprattutto la fuga fra le sopraelevate in pigiama come un prigioniero di un campo di concentramento in cui Babe sfrutta il suo allenamento per salvarsi la pelle furono ottenute dal duro esercizio di un grande Hoffman che in quel periodo era l'attore emergente migliore in circolazione e disse che se vuoi ansimare il modo più semplice per farlo è correre a perdifiato.
Il killer torna sempre sul luogo del delitto e Zell è costretto ad andare a prendere i diamanti di persona a New York nelle vie in cui c'è gente che ha perseguitato e che potrebbe riconoscerlo mentre Schlesinger torna a riprendere scene da un marciapiede di Manahattan ma stavolta filma una sequenza da brividi che come tutto il film riporta a l'orrore dell'olocausto.
Il primo finale è molto bello e lo intendo come se anche Elsa provasse un sentimento vero per Babe ma nato sotto una cattiva stella: come quando si sono conosciuti Babe le dice "God you're pretty" - "Dio se sei bella" e come nel provino Marthe Keller fa quella smorfia di timidezza e rassegnazione, grande prova davvero per entrambi chiusa dall'ultimo gesto di sacrificio se non per amore quanto meno per onestà con la sua coscienza visto che Babe è un innocente perseguitato come tante persone morte nei campi di prigionia.
Scontro finale con Zell passato agli annali, diverso dalla matrice letteraria nello svolgimento ma non nella sostanza e comunque arricchito da un dialogo serrato e un faccia a faccia fra l'astro nascente e l'attore navigato a conclusione di un film praticamente perfetto.
Zell estrae la sua lama retrattile
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