Regia di Jackie Earle Haley vedi scheda film
“Abbiamo rapito e legato come un salame il nipote di Al Capone!”
Tra “Lock & Stock” e “Compagnie pericolose”, l’esordio alla regia dell’attore Jackie Earle Haley (nel film intrepreta Gerry, il braccio destro del boss Travolta) è un minestrone avariato di luoghi comuni tra commedia e gangster movie. La lunga spiegazione finale alla maniera de “I soliti sospetti”, a ribaltare la prospettiva del racconto, pur con inevitabili forzature, funziona ma non riesce ad evitare il disastro. E così l’avventura di quattro giovanotti che, per un investimento andato a male (“Quando ti si presenta un’opportunità non devi esitare!”), si trovano costretti a dover restituire una grossa somma ad un boss mafioso il quale in cambio chiede loro un favore per cancellare il debito, non riesce mai veramente a decollare né a coinvolgere tra dialoghi banali e ridondanti, situazioni riciclate (i quattro rapiscono, inconsapevolmente, il nipote di un altro boss che a sua volta offre 2 milioni di dollari a chi gli fornirà informazioni su come ritrovarlo), inesorabili tempi morti (tutta la parte centrale con i tentativi del rapito di corrompere di volta in volta ciascuno degli improvvisati e pasticcioni rapinatori), sviluppi caricaturali, soluzioni narrative superflue (il flashback che racconta di come Gerry si è fatto una cicatrice all’orecchio da piccolo), colpi di scena di scarso peso, una messa in scena scialba e anonima che fatica a dare senso e vivacità ad una sceneggiatura derivativa e pigra. I quattro giovani protagonisti purtroppo sono inoltre ben poco incisivi, soprattutto un insopportabile ed esagitato Michael Pitt, il cui personaggio è pure tormentato dal dubbio, legittimo, che la bellissima futura moglie gli faccia le corna. John Travolta campeggia al centro della locandina ma ha una fugace apparizione e riesce quanto meno a non far danni (di questi tempi è già un lusso), ma la sua presenza appare più che altro una delle tante, solite e tardive scimmiottature al cinema di Tarantino. Rob Brown era il bravo protagonista di “Scoprendo Forrester”. Tutto suona di terza mano, posticcio ed artificioso, tanto che non vale nemmeno una visione in una stanca e afosa serata estiva. Dedicato dal regista alla sorella Meg.
Voto: 4
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