Regia di Camillo Mastrocinque vedi scheda film
Il portinaio di un palazzo “eredita” da un condomino defunto il materiale per stampare banconote di grosso taglio: quando se ne presenta la necessità, coinvolge un tipografo e un pittore di insegne (anche loro inguaiati economicamente) per formare una banda di falsari; intanto il figlio del portinaio, guardia di finanza, indaga. Col senno di poi, il film anticipa il messaggio de I soliti ignoti: quando si è onesti non ci si può improvvisare delinquenti, come suggerisce la contraddizione in termini del titolo. La collaudata coppia Totò-Peppino si apre a un terzo elemento, che si integra bene. Tutta la seconda parte è giocata su una serie di equivoci: ognuno dei tre complici crede che gli altri stiano spacciando denaro falso, e quindi interpreta in tal senso il loro comportamento; a sua volta Totò crede che il figlio sia sulle sue tracce, e perciò è disposto a costituirsi per agevolargli la carriera. Fino al rogo conclusivo, nel quale finiscono per errore soldi veri.
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