Regia di Camillo Mastrocinque vedi scheda film
Quante volte è stato detto che un grande comico come Totò ha raramente avuto dietro una sceneggiatura dignitosa e che lo supportasse degnamente. Qui, miracolo, c’è, la sceneggiatura. E che sceneggiatura, scritta da Age e Scarpelli, piena di dialoghi pimpanti ed esilaranti e che riesce a conferire al film fluidità e a non rinunciare agli irresistibili gags. Prova generale per I soliti ignoti, ovvero gruppo di proletari che s’improvvisano criminali per sbarcare il lunario, è anche uno degli ultimi prodotti capaci di sintonizzarsi sui problemi della popolazione urbana sulla soglia della povertà prima dell’omogeneità metropolitana della commedia del boom. I duetti di Totò e Peppino (con l’apporto del misurato Giacomo Furia) rimangono memorabili (qui De Curtis storpia sempre il cognome di De Filippo: e così Lo Turco diventa Gian Turco, Lo Tripoli, Lo Truzzo, Lo Struzzo, Turchetti, Turchese, Lo Crucco), come l’incontro al bar e la produzione dei primi biglietti falsi. È il primo film nel quale i due comici fanno coppia, nel quale le loro vicende s’innestano in un universo chiuso che vede Totò perturbatore e Peppino perturbato.
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