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La banda degli onesti

Regia di Camillo Mastrocinque vedi scheda film

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La recensione su La banda degli onesti

di scandoniano
10 stelle

Il portinaio Antonio Buonocore si ritrova fortuitamente tra le mani tutto l’occorrente per stampare banconote da 10 mila lire (in un’epoca in cui una pensione media è di 28 mila lire). Superati gli indugi, legati anche all’appresa consapevolezza di vivere in un mondo pieno di approfittatori, Buonocore chiama in causa il tipografo Lo Turco e il pittore Cardone, altri due “onesti” come lui, per creare una stamperia in piena regola e provare a realizzare i propri sogni medio-borghesi…

Camillo Mastrocinque firma un capolavoro, esattamente equidistante dal neorealismo e dal periodo d’oro della commedia all’italiana. Il film, del 1956, rappresenta appieno il periodo di transito che viveva l’Italia coeva: come sempre il cinema è una spugna ed è dunque capace di metabolizzare le peculiarità coeve, tramandandole alle generazioni successive. Ecco che il retaggio del cinema italiano anni ’40, nelle location (piuttosto curate) e nella recitazione di alcuni caratteristi, fa da contraltare alla spigliata verve comica di Totò, De Filippo e della loro spalla Giacomo Furia, esplosivo trio alle cui spalle funge da detonatore la coppia di sceneggiatori Age – Scarpelli (che diverranno famosissimi ai tempi della commedia all’italiana degli anni ’60).

Numerose le scene da antologia, tra cui lo sfolgorante incontro tra Buonocore e l’amministratore (il proverbiale Ragioniere Casoria), l’assoldamento di Lo Turco da parte di Antonio Buonocore, la scena della creazione della prima banconota, nonché il suo imbranato “spaccio”.

Del film esiste una doppia versione: una, epurata ed estremamente diffusa, risulta edulcorata e, forse più adatta al genere commedia, un’altra, presente esclusivamente in DVD, presenta delle scene inedite, forse non esattamente funzionali (e per questo omesse), ma soprattutto presenta riferimenti, sempre garbati, a pulsioni amorose o discernimenti sul fascismo che la dicono lunga sull’impegno, anche sociale, che gli autori hanno profuso per realizzare un film autentico (oltre che uno dei più divertenti e riusciti del principe della risata).

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