Regia di Eugène Green vedi scheda film
Cresciuto da solo con la madre infermiera, un ragazzo parigino scopre che il padre è un cinico e viscido editore sposato con prole ed amanti varie. Dopo una legittima sciocchezza, il giovanotto conosce lo zio, pressoché diseredato dalla famiglia d’origine e dunque con una certa affinità malinconica. Pur abilmente strutturato in cinque atti i cui titoli s’ispirano a vicende bibliche (il sacrificio di Abramo, il vitello d’oro, il sacrificio di Isacco, il falegname, la fuga in Egitto), Le fils de Joseph è anzitutto un discorso formale. Abitata da personaggi che, quando portatori di valori positivi, entrano nelle inquadrature quasi per caso (Vincent, Joseph, Marie) e, laddove si fanno espressioni di una chiara negatività, imprimono tracce addirittura sopra le righe (l’editore Oscar, il critico Violette Tréfouille, gli ospiti della festa), è una commedia drammatica che riflette sulla parola in una prospettiva a tratti teatrale. Da una parte la recitazione conduce l’immobilità del corpo astante al servizio delle parole proprio per dare peso al significato di ciò che viene pensato, ponderato e detto, dall’altra gioca sull’eccesso, sul movimento, sul fraintendimento al fine di sottolinearne la scafata indifferenza nei confronti dell’umano.
Regista di natali americani ma cittadinanza e cultura francesi, Eugéne Green, sotto l’egida dei fratelli Dardenne, applica questa particolare e forte cifra formale ad un contenuto altrettanto potente. Parabola cristologica sulla paternità rifiutata (Oscar), allontanata (Marie), ambita (Vincent), ricreata (Joseph), giocando con spirito sulla spiritualità, si serve dei riferimenti biblici per universalizzare e al contempo sublimare una storia terrena. Peraltro, sa accordare l’avventura del personaggio ad una serie di momenti che apparentemente sembrano deviare rispetto all’obiettivo finale (la ricostruzione della famiglia) e così sa mettere accanto il gustoso siparietto del party letterario in cui fanno macchia Mathieu Amalric e Maria de Medeiros (con il gag di Vincent de Marais) all’austera ed armoniosa parentesi musicale dentro la chiesa. E trova in Victor Ezenfis un protagonista meraviglioso, accanto agli ottimi Natacha Régnier e Fabrizio Rongione.
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