Regia di Raúl de la Fuente, Damian Nenow vedi scheda film
MUBI
"Mi identifico con chi viene umiliato ed offeso. Io mi ritrovo tra di loro. La povertà non ha voce, così ha bisogno di qualcuno che parli per lei. Questa è la mia missione."
Nel 1975 la guerra del Vietnam è finita, ma la guerra fredda infuria ancora.
Usa e Urss stanno facendo a pezzi il mondo per espandere la loro influenza egemone.
In quello stesso anno l',impero portoghese è crollato dopo ben cinque secoli di dominio, e lascia per questo le sue colonie africane. L'ultima e la più desiderata di esse è la 'Angola, il gioiello della corona portoghese, che si appresta a divenire un paese indipendente.
La data è già fissata per l'11 novembre, ma non è tutto così facile come previsto.
E mentre gli ex-coloni portoghesi fuggono portandosi via tutto ciò che possono, due opposte fazioni locali si contendono il potere, appiccando la miccia per una sanguinosa guerra civile.
La posta in gioco è il governo di un paese ricco di materie prime come diamanti e petrolio.
Roba grossa, che rende l'Angola come la scacchiera del mondo ove le due superpotenze si giocano il ruolo di grandi antagonisti, in quanto interessato entrambi alla ricchezza di quel territorio.
Ma la guerra fredda tra i due big si traduce in uno scontro sanguinoso che stermina i civili prima ancora che i ranghi delle due milizie contendenti, appoggiate ognuna dalle due superpotenze.
"-Molti sono convinti che il paese diventerà presto un inferno.
Chi ha potuto e fuggito dall'Angola.
Io? Io ero deciso ad andarci."
Attraverso un ibrido tra documentario che riprende le testimonianze di chi è sopravvissuto, e la narrativa efficace e nervosa affidata alla splendida animazione dai movimenti fluidi "alla Linklater", che si permette incursioni oniriche in grado di rappresentare con efficacia stordente gli orrori del massacro, i giovani registi Raúl de la Fuente e Damian Nenow ci catapultano sul campo di battaglia, raccontandoci, o meglio trasponendo i sullo schermo la testimonianza del coraggioso fotoreporter di origini polacche Ryszard Kapuscinski, e di chi lo ha seguito, sostenuto, aiutato affinché questa sua dettagliata inchiesta sull'orrore e la brutalità dell'essere umano potesse essere manifestata e raccontata nei suoi più terrificanti dettagli.
Un racconto ibrido, una commistione tra reportage e graphic ove l'alternanza tra riprese filmate ed animazione in stile rotoscope, alla Waking life o Scanner Darkly di Richard Linklater, riescono ad esprimere con potenza stordente la sintesi dell'ennesimo orrore frutto di interessi economici ritenuti irrinunciabili.
Un film potente e sorprendente che rende omaggio ad una grande figura del giornalismo contemporaneo della seconda metà del '900.
Al ritorno dall'Angola, Kapuscinski, testimone di dozzine di rivoluzioni e guerre in Africa, Asia, Sudamerica, scrisse questo suo prezioso "Ancora un giorno", che dei suoi circa trenta libri, pubblicati in oltre 30 lingue, rimane il suo lavoro preferito, oltre che il più personale.
"Sapevo che stavo osservando eventi che avrebbero plasmato il destino dell'umanità per generazioni, o addirittura per secoli, segnando la nascita del terzo mondo".
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