Regia di Raoul Peck vedi scheda film
Il film di Peck (che non è un vero e proprio biopic, perché si limita a ripercorrere gli anni giovanili del filosofo) mette giustamente in luce quello che era lo scopo di Marx, cioè fornire una "base ideologica" e un fine concreto ai lavoratori sfruttati, in contrapposizione sia ai filosofi teorici che ai cosiddetti "socialisti utopisti" come Proudhon o, peggio, agli agitatori come l'invasato Weitling.
Un'osservazione critica che mi sorge spontanea nasce dal fatto che quelle europee del 1848, che vengono citate nei titoli di coda quasi come un compimento delle teorie marxiane/engelsiane, non furono in realtà rivoluzioni "marxiste", perché sebbene scaturissero anche da rivendicazioni sociali, erano intrise - pur in diverso grado a seconda dei luoghi in cui si verificarono - di umori nazionalisti e di un certo velleitarismo: come si sa, l'attuazione delle teorie di Marx si avrà soltanto, diversamente da quanto previsto dallo stesso filosofo tedesco, con la rivoluzione russa del 1917. Per il resto, sarà proprio sul piano della concretizzazione storica che tali teorie si dimostreranno fallaci (anche se il dibattito su questo punto è tuttora aperto e per niente sereno).
Tutto sommato si tratta di un film equilibrato senza essere noioso e dove alla fine, in maniera forse un po' sbrigativa, si mostra come Marx, Engels e le rispettive compagne (mogli) riescano a trasformare la Lega dei Giusti in Lega dei Comunisti, con grave scorno dei proudhoniani, che abbandonano la riunione: ecco, qui qualche spettatore potrebbe pensare che siamo al cospetto della prima storica scissione della sinistra mondiale.
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