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Il giovane Karl Marx

Regia di Raoul Peck vedi scheda film

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La recensione su Il giovane Karl Marx

di ilcausticocinefilo
7 stelle

 

 

 

La storia di ogni società sinora esistita è la storia delle lotte di classe.” [ 1 ]

 

Raoul Peck – che non è certo nuovo al cinema d’impronta sociale (vedasi ad es. Accadde in aprile) – riesce nella ragguardevole impresa di rendere cinematograficamente appassionante la disquisizione filosofica. E scusate se è poco.

 

Ovviamente, una buona parte del merito va alla riflessione di uno dei più grandi pensatori di sempre che – come giustamente ricordato dal film stesso – ha fatto proprio del misurarsi con la realtà, col divenire, col continuo processo storico il perno della sua opera. Inevitabile che, data l'odierna persistenza considerevole di diseguaglianze, indigenza, sfruttamento, ampi stralci della sua filosofia risultino ancora d’attualità e capaci di intrigare e interessare. I tempi sono cambiati, eppure alcune sottostanti realtà continuano a perpetuarsi.

 

Qui ci si concentra sul primo Marx, sull’incontro decisivo con Engels e sulla sua maturazione ideologica sino alla stesura del Manifesto del Partito comunista, tuttavia vorrei brevemente citare una delle più geniali e prescienti concettualizzazioni marxiane: la descrizione della tendenza alla centralizzazione dei capitali. E’ anche per via di tale tendenza che, oggigiorno, sembra d’esser ritornati ad un livello da inizio ‘900 di estrema concentrazione della ricchezza, bassissima mobilità sociale e conseguente diffusissima povertà assoluta e relativa.

 

 

Stefan Konarske

Il giovane Karl Marx (2017): Stefan Konarske

 

 

Lo stesso Manifestosulle cui parole si chiude il film di Peck – serba ancora un'indubbia potenzialità. Si considerino a titolo d’esempio alcune acute intuizioni che, fatta la tara alle differenze con il presente e al fatto che non bisogna mai cadere nella trappola di trattarle come vangelo, risultano a posteriori lungimiranti persino al di là delle intenzioni di Marx ed Engels:

 

Il bisogno di sbocchi sempre più estesi per i suoi prodotti spinge la borghesia su tutto il globo terrestre. Ovunque essa deve insediarsi, ovunque stabilirsi, ovunque allacciare collegamenti. […] Essa ha ammassato la popolazione, ha centralizzato i mezzi di produzione e concentrato la proprietà in poche mani. […] I rapporti borghesi di produzione e di scambio, i rapporti borghesi di proprietà, la società borghese moderna, che ha suscitato come per incanto così potenti mezzi di produzione e di scambio, rassomiglia allo stregone che non riesce più a dominare le potenze degli inferi da lui evocate. […] Basti ricordare le crisi commerciali, che col loro periodico ripresentarsi sempre più minacciosamente mettono in discussione l’esistenza di tutta la società borghese. Durante le crisi commerciali viene regolarmente distrutta una gran parte non solo dei prodotti finiti, ma persino delle forze produttive già create. Durante le crisi scoppia un’epidemia sociale che in ogni altra epoca sarebbe apparsa un’assurdità: l’epidemia della sovrapproduzione. […] Con quale mezzo la borghesia supera le crisi? Per un verso imponendo la distruzione di una grande quantità di forze produttive; per un altro verso, conquistando nuovi mercati e sfruttando più intensamente quelli già disponibili. Con quale mezzo dunque? Spianando la strada a crisi sempre più vaste e più violente e riducendo i mezzi per prevenirle. [ 2 ]

 

 

Ma perché “lungimiranti persino al di là delle intenzioni di Marx ed Engels”? Beh, in quanto gli autori nello scrivere le righe succitate non pensavano alla crisi ecologica ma con lo sguardo rivolto all’oggi si è portati inevitabilmente ad inserirvi anche quella, tra gli esiti nefasti dello sviluppo mai visto prima delle forze produttive e del capitalismo borghese. Un effetto, in sostanza, proprio della spinta alla crescita perpetua, all’espansione costante, all’estrazione infinita, all’accumulo indefinito, che è la medesima che produce tanto le crisi economico-sociali (guerre, recessioni ecc.) quanto le naturali (epidemie, siccità, carestie, inondazioni ecc.).

 

 

August Diehl, Stefan Konarske

Il giovane Karl Marx (2017): August Diehl, Stefan Konarske

 

 

Ma non si tratta “soltanto” della tendenza alle crisi ricorrenti (potenzialmente però a lungo andare fatali, vedi appunto la distruzione dell’ambiente…) e alla centralizzazione dei capitali, ovviamente. Stante il diverso contesto presente – tra neoliberismo e finanziarizzazione – Marx rimane comunque un autore da scoprire o riscoprire, capace di identificare ed esaminare molti basilari meccanismi di funzionamento del capitalismo. Non ci vide sempre giusto (d’altra parte non intendeva certo diventare un profeta) ma quando lo fece centrò perfettamente i bersagli.

 

Non a caso – mentre la più o meno sedicente sinistra se li è scordati o non li ha mai affrontati – Il capitale e altri fondamentali scritti marxiani vengono invece tenuti in gran conto dagli esponenti dello status quo. La visione della Storia come conflitto, come serie di lotte di classe (pure qualora non ancora consapevolmente teorizzate come tali) non è “paranoica” – come sosteneva quel manco troppo velato propagandista di Robert Conquest – ma fondata sull’osservazione della realtà fattuale. “La lotta di classe esiste e la stiamo vincendo noi, i ricchi”, ha per l’appunto dichiarato uno degli uomini più facoltosi del mondo, Warren Buffett [ 3 ].

 

 

Stefan Konarske, August Diehl, Vicky Krieps

Il giovane Karl Marx (2017): Stefan Konarske, August Diehl, Vicky Krieps

 

 

Non tutti questi argomenti sono affrontati nel corso del film e di quelli affrontati s’appronta talvolta una sorta di bignami, per ovvie costrizioni di tempo e mezzi. Tuttavia Il giovane Karl Marx è un film che non scade nella banalizzazione o nell’agiografia, è – al fondo – anche la storia, dal punto di vista narrativo forse più “prestante”, della nascita di un’amicizia che diventa feconda sinergia intellettuale.

 

E’ una brillante descrizione d’un ambiente di fervente ebollizione, filosofica e soprattutto sociale. Un’opera mai sensazionalista ma neppure mai barbosa, polverosa o vetusta. Non appare, insomma, come un’operazione fuori tempo massimo, per via dell’attualità già richiamata delle tematiche ma anche per il modo in cui vengono esposte, in maniera forse non adatta allo spettro d’attenzione di tre secondi d’un ragazzetto un po’ troppo preso da TikTok e affini, e purtuttavia adatta a chiunque altro, ragazzetti un filino più intelligenti compresi. Chiaramente, aiuta un qualche interesse per i temi proposti, ma anche soltanto un poco di sana curiosità. E il film riesce nell’impresa di invogliare eventualmente ad approfondire.

 

 

August Diehl, Hannah Steele, Stefan Konarske

Il giovane Karl Marx (2017): August Diehl, Hannah Steele, Stefan Konarske

 

 

Molto precisa nella scansione cronologica e dei vari spostamenti la sceneggiatura, accurata la ricostruzione d’epoca e buone le interpretazioni, coi protagonisti in particolare che si barcamenano agevolmente tra tedesco, francese e inglese. E al dunque efficace il ritratto di Marx, del quale non si nascondono i tratti più aspri del carattere, in special modo nella diatriba con altri eminenti pensatori dell’epoca quali Proudhon.

 

Il giovane Karl Marx “si propone di mostrare la necessità del conflitto e dello scontro ideologico come unici strumenti possibili per capire e cambiare la realtà” [Mereghetti] e rende presente la vastità, profondità e pregnanza di un’elaborazione filosofica come ogni cosa non esente da debolezze e purtroppo talvolta trattata in modo scioccamente fideistico; un’elaborazione che, per ritornare all’inizio, risulta incompiuta precisamente perché ha mantenuto come proprio cardine il misurarsi con la storia nel suo divenire, il farsi prassi, in virtù del fatto che i filosofi non dovrebbero limitarsi semplicemente ad interpretare il mondo, ma contribuire a cambiarlo.

 

Difatti, il comunismo in senso marxiano non è da intendersi come “uno stato di cose che debba essere instaurato; un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente,” [ 4 ] sulla base delle condizioni materiali e dei presupposti materiali effettivamente esistenti. Perché “non è possibile attuare una liberazione reale se non nel mondo reale e con mezzi reali”; “la liberazione è un atto storico, non un atto ideale, ed è attuata da condizioni storiche”. [ 5 ]

 

 

 

[ 1 ] Marx, Engels, Manifesto del partito comunista, a cura di D. Losurdo, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. 5.

 

[ 2 ] Ivi, pp. 10; 12-14.

 

[ 3 ] “There’s class warfare, all right, but it’s my class, the rich class, that’s making war, and we’re winning.” - Cfr. https://www.nytimes.com/2006/11/26/business/yourmoney/26every.html

 

[ 4 ] Marx, Engels, L’ideologia tedesca, Roma, Editori Riuniti, 1967, p. 25.

 

[ 5 ] Ivi, p. 15.

 

 

August Diehl

Il giovane Karl Marx (2017): August Diehl

 

 

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