Regia di Marco Danieli vedi scheda film
L’uscita in sala de La ragazza del mondo rischia di porre più interrogativi di quanti il film stesso sappia o voglia contenere. In una stagione che finora si sta segnalando, a livello commerciale, come una delle più micidiali per il cinema italiano (Pif e Cristina Comencini hanno superato faticosamente i due milioni, in mezzo Faenza, Vanzina, qualche commedia attorno al milione, sotto al mezzo milione Piuma e Tommaso, con Questi giorni e Indivisibili addirittura sotto ai trecento mila), l’esordio di Marco Danieli, prodotto dal Centro Sperimentale, probabilmente non risolleverà le sorti economiche della nostra industria cinematografica – ma comunque tanti auguri. Tuttavia dimostra una cosa che, negli ultimi due o tre anni, è portata in dote da un manipolo di opere prime o seconde: al cinema italiano non mancano delle storie che val la pena raccontare. Quella del film è una storia che vuoi vedere come va a finire.
Adolescente cresciuta in una famiglia di Testimoni di Geova, Giulia è molto brava in matematica ma sa che la sua religione non le permette di proseguire gli studi (è un peccato di vanità, l’ammonisce il padre); frattanto s’impegna come predicatrice porta a porta ed incappa in Libero, ex galeotto a cui procura un lavoro. A poco a poco, capisce di provare qualcosa per quel ragazzo fuori dalla sua setta: poiché i rapporti sentimentali (e sessuali) con “il mondo” (tutti i non affiliati) implicano l’uscita dal gruppo e il disconoscimento della famiglia, che fare? Al centro del film, il conflitto tra la setta e il mondo, un gruppo esclusivo che (si) protegge dall’ipotesi del peccato e il regno della perdizione. Ma anche tra la Giulia-figlia e la Giulia-ragazza, come racconto di formazione impone, con il sesso che si pone nel crinale tra ovattata adolescenza ed aspirata maturità.
È inutile girarci attorno: benché cose simili siano state raccontate anche altrove con complessità e rigore (The Master su tutti), i momenti che riguardano i Testimoni di Geova sono i più interessanti del film. Non tanto per la pur indubitabile inquietudine che trasmettono certi passaggi sospesi tra il fanatismo e l’assurdo (e il merito è della sommessa potenza luciferina di Pippo Delbono), quanto per la misura adottata da Danieli: al netto del manicheismo a cui s’abbandona forse per far aderire lo spettatore al versante melodrammatico (bella chimica tra la splendida Sara Serraiocco e l’animalesco Michele Riondino), è intrigante il suo sguardo sulla famiglia di Giulia, con i genitori votati alla purezza e la sorellina condannatasi al senso di colpa.
Quando parlo di storie che val la pena raccontare mi riferisco proprio a quest’Italia sommersa, che pur essendo dentro le nostre vite difficilmente trova una narrazione in grado di spiegarne i riti e i miti, le credenze e le ossessioni. E, senza dimenticare Corpo celeste, la cifra religiosa, che domina anche Indivisibili, si segnala una tra le più affascinanti per decifrare una periferia della umana contemporaneità che ha a che fare col degrado umano ed urbano (De Angelis, ma anche Reality di Garrone) così come con il ceto medio (e qui La ragazza del mondo funziona benissimo) e la borghesia (la Huppert in Bella addormentata di Bellocchio). Sì, c’è troppa carne al fuoco, il racconto si sfalda un po’ nella prevedibile seconda parte, la catabasi ha un che di troppo programmatico e qualche minuto di troppo, ma Danieli si prende dei rischi, non eccede in pretese d’autore. Al cinema italiano non mancano le storie ma registi maturi che le sappiano raccontare senza sbavature.
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