Regia di Cedric Nicolas-Troyan vedi scheda film
L'assenza della "titolare", Biancaneve - citata a più riprese (e nulla di più: della rinunciataria Kristen Stewart sopravvivono brevissimi brandelli del film precedente, e una fugace ripresa di spalle, ma trattasi di controfigura), perché in fondo basta il nome a evocare Mito e retta rotta da seguire -, non cambia il "mood" dell'operazione (forse, in parte, il target, chissà, mancando un vero teen idol).
D'amori travagliati e rinnegati, legami maledetti, tradimenti, trasformazioni mostruose, regni dell'odio e lotte del giusto contro il male pur sempre si parla.
Invero, il canovaccio segue per massimi schemi e passaggi e luoghi quanto già fatto nell'originale; e poco importa che formalmente si sia dinanzi a un intreccio di linguaggi (prequel/sequel/spin-off) più curioso e pretestuoso che sostanziale: due storie principali (la rediviva/redimorta/redi-qualcosa di intermedio Ravenna e la di lei sorella Freya da una parte, e il cacciatore con l'amata di sempre, creduta perduta, dall'altra) non ne fanno una all'altezza.
Nulla di grave, chiaro: il territorio di caccia e la dimensione (blockbusteriana) dell'opera sono palesi, dichiarati, tipici.
Peccato, però, che, oltre allo sfacciato, sfiancante immaginario di riporto da saga del Signore degli anelli (ce ne libereremo prima o poi?), tutti - ma proprio tutti - gli sviluppi, i "colpi di scena" - siano al livello massimo raggiungibile di prevedibilità: davvero, s'intuisce ogni cosa con largo anticipo, manco lo specchio magico avesse trasmesso un po' di magia oscura attraverso i pixel dello schermo.
Oltretutto, nella parte iniziale - quella in zona "prequel", per intenderci - necessaria ad introdurre i nuovi personaggi (Freya, futura regina di ghiaccio e Sara, guerriera nonché moglie del cacciatore), a regnare sono noia e pesantezza anche a causa dell'insistente voce narrante, francamente insopportabile.
Il resto, come da copione (notorio per sommi capi, abusato per sommi clichè), la butta sul sentiment(alism)o, sull'azione (blanda, relegata a margine, confusa e standardizzata), sull'eterno archetipico scontro tra bene e male, sulla CGI, sulla crescita personale attraverso il superamento delle avversità, sugli intermezzi da alleggerimento brillante (leggi: i miseri siparietti tra nani, quei due che avanzano). Sul peculiare, infine, senso del tragico e patetico al contempo che possiedono i soliti "cattivi" della storia . Ovvero, le cattive, le sorelle regine Ravenna e Freya, la cui evoluzione del rapporto è intuibile con rara precisione sin da subito e puntualmente confermata.
Il meglio, come si può facilmente immaginare, lo danno gli interpreti. Ovvero, ancora, le interpreti. Lasciato il prode Chris Hemsworth in uno stato al confine tra lo svagato, il soddisfatto e il cialtrone, a dominare è il fantastico trio femminile.
Se Jessica Chastain come abilissima "guerriera" non convince appieno ma si rifà quando c'è un minimo da recitare (non che ci fossero dubbi, eh; resta lo spreco però), ed Emily Blunt nelle sue gelide vesti kitsch bene caratterizza il personaggio meglio sviluppato, su tutto e tutti impera - divorandosi inizio e finale - la divina Charlize Theron, d'oro fasciata e che nell'oro risorge.
Spettacolare, sempre, e divertita, è in evidente, strepitoso stato di grazia. Grazie.
Oh, certo, e poi c'è il celeberrimo specchio ... Specchio, specchio delle mie brame, chi mai avrebbe pensato a lasciare aperta una porta al prosieguo della saga?
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