Regia di Dan Trachtenberg vedi scheda film
Presenti SPOILER.
E siamo sempre lì, botole, bunker, juke-box, alieni, per fortuna non risultano pervenuti i viaggi nel tempo, ma forse qualcosa si può organizzare per il prossimo film (Lindelof, se ci sei batti un colpo!)
L’universo fantastico del prode J.J. Abrams ormai lo conosciamo tutti, che diriga o produca il suo marchio di fabbrica è sempre molto evidente, nel bene e nel male, in salute e in carestia, se compare il nome del creatore di Lost sai già (più o meno) cosa aspettarti.
Del primo Cloverfield ho buoni ricordi, non lo rivedo da parecchio ma oggi lo inserirei tra i migliori film appartenenti al genere del found-footage, messa in scena sincopata ma coinvolgente, gran ritmo, tensione ben calibrata, insomma una pellicola che diverte e intrattiene, fa in pieno il suo dovere e questo basta e avanza.
10 Cloverfield Lane è certamente un opera derivativa del succitato film, che sia un sequel, uno spin-off o qualsiasi altra definizione si voglia trovare è chiaro fin dal titolo che si ritorna in quell’universo narrativo puntando però su un approccio formale diverso, un estetica distante anni luce dal film diretto da Matt Reeves, via i grandi spazi dove creare tensione, paura e orrore, dentro i piccoli spazi dove creare tensione, paura e orrore, dalle strade di Manhattan al bunker ben arredato di Howard Stambler.
[1. Interno - Contaminazione, fine del mondo, alieni...scoperta della verità]
Ok, ma quale verità?
Michelle (Mary Elizabeth Winstead) litiga con il suo ragazzo e scappa via, durante il viaggio in auto per le desolate strade americane viene coinvolta in un incidente e quando si risveglia si ritrova incatenata ad un letto, con una gamba ferita e senza vestiti, la stanza è spartana, quattro mura e una porta chiusa dall’esterno.
Da quella porta fa il suo ingresso Howard Stambler (John Goodman), un uomo che dice di averle salvato la vita, le racconta anche che il mondo così come lo conoscevano non esiste più, attacco nucleare, armi biologiche, invasione aliena, Stabler non sa cosa sia successo ma sa che nessuno può uscire dal suo bunker.
Fin dall’inizio appare evidente a tutti (a Michelle in particolare) che questo Stabler non ci sta tanto con la testa, per cui nella prima parte del film si gioca su questo aspetto cercando di alimentare una suspense crescente con il chiaro obiettivo di raggiungere un apice emotivo, apice raggiunto con la scena della tentata fuga.
Il problema è che in questa basilare costruzione narrativa è presente un errore colossale, un epic fail di quelli che lasciano un segno pesante, lo spettatore che ha visto Cloverfield (la maggioranza di quelli che hanno visto questo sequel) sa già che la storia di Stabler è vera, che l’aria sia contaminata o meno, che Stabler sia pazzo oppure no il pubblico sa che fuori è pericoloso, che se ti dice bene te la devi vedere con un mostro gigante in stile Godzilla.
Ci troviamo quindi un passo avanti rispetto alla protagonista e tutto il meccanismo di tensione che viene con fatica messo in piedi ci lascia semplicemente indifferenti, è una regola elementare della narrativa, se il lettore (in questo caso lo spettatore) sa già dove lo vuoi portare tutto quello che racconti non funziona, infatti la prima parte del film non solo risulta prevedibile e scontata ma manca clamorosamente il suo obiettivo.
E pensare che per scrivere questa sceneggiatura si sono inpegnati in tre, tra cui il tanto decantato Damien Chazelle probabile trionfatore agli imminenti Oscar 2017 con il suo lanciatissimo musical La La Land.
[2. Interno – Stabler crea una famiglia disfunzionale e allargata...ma qualcuno è di troppo]
I mostri si presentano in diverse forme, così recita il manifesto italiano del film che chiaramente non teme di rivelare troppo, del resto quando Stabler entra in scena lo si inquadra subito, paranoico, complottista, instabile, pericoloso, Goodman nella seconda frazione si prende la scena e la domina completamente, con la sua possente massa corporea, gli occhi indecifrabili che saettano come fulmini, le mani tremanti e il respiro perennemente affannoso (non so se il doppiaggio ha ben reso queste finezze interpretative), un gigante che si mangia due piccoli topolini, anche se ad essere onesti la Winstead non sfigura troppo, a differenza del suo compagno di sventura John Gallagher Jr.
Questa fase centrale del film è senza dubbio la migliore, tre personaggi che si muovono su un palco sotterraneo, verità e bugie, misteri da scoprire, lo spazio angusto del bunker amplifica la tensione crescente, il regista emergente Dan Trachtenberg segue con elementare ma funzionale rigore la lezione dei vecchi maestri (Hitchcock su tutti) e mette in cascina delle buone sequenze, certo Goodman è un peso massimo che da solo regge l’intera baracca ma diamo anche al giovane director qualche merito.
[3. Esterno – Fuga, finalmente aria non filtrata...anzi no, tazzo ci sono gli alieni!]
Si chiude in bellezza ma il mio è solo un modo di dire, il finale di 10 Cloverfield Lane evidenzia in modo lampante la pochezza del pacchetto narrativo e la mancanza sostanziale di idee, cosa ancor più grave si rischia il ridicolo involontario con quella scena della bottiglia molotov, che uno dopo averla vista non può evitare di chiedersi perché?
Voglio dire, il film fino a quel momento non era stato un granché ma nemmeno una colossale schifezza, aveva dalla sua dei buoni momenti e certamente lo si poteva chiudere in modo dignitoso, senza farsi male, senza per forza cercare di farla fuori dal vaso...e invece no, scene inverosimili una dietro l’altra e poi la gran chiusura con “il canestro” impossibile della Winstead.
Dunque, che c’erano gli alieni si sapeva prima che il film cominciasse, sulla forma di questi alieni si può discutere visto che hanno cambiato un po' le carte in tavola e invece di un mostro gigante abbiamo una specie di nave che spruzza veleno e lancia in avanscoperta dei lombrichi troppo cresciuti e molto famelici.
Ma il problema non sta ovviamente nella rivelazione finale, semmai sta nello svolgimento di un ultima frazione che dopo le buone sensazioni lasciate dalla seconda parte si lascia clamorosamente andare in soluzioni viste e riviste, oltre che clamorosamente forzate, spinte ben oltre i limiti dell’accettabile.
Però il film è costato poco e ha incassato molto bene, il the end lascia aperti spiragli per possibili seguiti per cui da un punto di vista commerciale ci troviamo di fronte ad un successo, magari verrà sviluppata una nuova saga con protagonista la bella Winstead, ci sono tutte le carte in regola per sfruttare un marchio dalle buone potenzialità e quel volpone di Abrams non è certo uno sprovveduto.
Nel caso spero facciamo meglio di questo eventuale primo capitolo, in fondo non è tanto difficile.
Voto: 5
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