Regia di Davide Ferrario vedi scheda film
Qualcuno dice: la risposta italiana a Francofonia di Aleksandr Sokurov. Esagerato, senza dubbio, ma a parte la comune riflessione sui “ritratti” nell’arte europea soprattutto rinascimentale, anche in questo caso un regista importante si (pre)occupa di raccontare un museo. Nella fattispecie, l’Accademia Carrara di Bergamo, chiusa dal 2008 al 23 aprile del 2015. Lo sguardo di Davide Ferrario, bergamasco d’origine, ha “abitato” l’edificio ancora in fase di restauro fino alla nuova inaugurazione, per ben 180 giorni, facendosi accompagnare nella narrazione dai critici e da Cesare Marchetti, custode che da quarant’anni vive tra dipinti del Mantegna e di Raffaello. Il signor Marchetti non ha studiato, come si diceva una volta, ma l’esperienza della bellezza ha forgiato un gusto infallibile, tanto da fargli scoprire dietro un dipinto considerato anonimo il tocco di Evaristo Baschenis, poi confermato dagli esperti. È un bel film questo L’Accademia Carrara - Il museo riscoperto, anche se manca il respiro della storia di Francofonia. Ma si condivide la sindrome di Stendhal che coglie il regista: come rivaleggiare con la magnificenza delle Madonne dipinte, intorno alle quali si dipana uno dei momenti più coinvolgenti? Con la partecipazione di Giovanni Lindo Ferretti e Vasilij Grossman, ma non vi diciamo di più... Il senso dell’operazione sta nella frase della direttrice Maria Cristina Rodeschini: «L’allestimento è lo spettacolo più bello».
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