Regia di Giorgio Bianchi vedi scheda film
Un film simpatico, senza pretese. Una trovata commerciale pensata per mettere assieme tanti grandi, e anche tanti bravi comprimari. Non se ne ricava granché, anche se l’episodio della truffa del brillante è splendida. In essa, come nel resto del film, Walter Chiari recita alla perfezione. Lo stesso si può dire per Peppino e per Sordi, costretti però in parti non certo memorabili. Bravissimo anche Fabrizi: specie nei duetti con Chiari, ma non solo, emerge una sana umanità, tra il sognante e il comprensivo. Quella umanità contraddittoria che è un difetto (più che un pregio, oltre che un pregio) molto italiano, nel mescolare rispetto per le regole ed eccezioni, queste ultime motivate da una interpretazione delle delicate variabili umane che ci si trova davanti, valutate anche al di là della semplice, e doverosa, espiazione della pena. Il quaderno di Fabrizi indica proprio il bisogno di dare un valore a tutte le storie capitate al mondo, di dare dignità a chi, in galera, ne aveva di meno: aiutare a ricostruire un’importanza personale anche nell’abbrutimento. Un aiuto affettuoso per uscirne prima e meglio, con uno sguardo ottimistico tipico della prima commedia all’italiana.
Il film è breve, veloce, fa sorridere sempre. Indulge nella comprensione verso i galeotti, ma non troppo, come dimostrato dalla maschera dell’arrogante insopportabile interpretata da Mario Riva, un criminale non certo simpatico.
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