Regia di Andrea Zambelli vedi scheda film
Continua l'appassionato lavoro ai fianchi del cinema documentaristico italiano, da parte del bergamasco Andrea Zambelli, ormai autore di un buon numero di documentari, in solitaria o in cooperazione con altri giovani registi italiani. Con la storia "del Rino", Andrea "riporta tutto a casa", realizza un omaggio all'uomo che lo ha ispirato a diventare cacciatore di storie, di immagini, di fare cinema "altro", provando a dare dignità e luogo a chi, nel mondo, dignità e luoghi non ha mai trovato. Il Rino è un vecchio partigiano, un uomo tutto d'un pezzo, comunista, antifascista, con la passione dei viaggi e dei cavalli. Ma il Rino, oggi, non ricorda più, la memoria così ostinatamente conservata su vecchie VHS, se n'è andata con la malattia. Oggi è un uomo che ha lo sguardo precipitato nel vuoto, amorevolmente accudito dalla moglie Rina. Andrea decide così, di chiudere un cerchio sul suo passato e su quello di Rino, recuperando e montando alcuni di quei video8, in buona parte girati da un imberbe Zambelli, come un tributo al "nonno che non ha mai avuto" e alla passione politica e umana che lui gli ha trasmesso. E' ovviamente un documentario intimo, molto personale, che sulla traccia rossa della Resistenza, si amplia, con immagini di altre Resistenze, che si trovino in Palestina o nel soggiorno di casa, sotto una coperta, a combattere con la malattia. Il lavoro emoziona per la sua sincerità, si "sente" forte la presenza di questa storia, anche se ogni tanto si sfilaccia un poco nel percorso. I momenti migliori sono, chiaramente, quelli in cui il Rino racconta con grande foga, le peripezie militari dell'epoca, a cui avrei lasciato più spazio. Ma poco importa, "La mia ascia di guerra" è un documentario militante, sì, ma che guarda più in alto, ha diverse stratificazioni e porta a riflessioni importanti, non solo politiche. Il cinema italiano in agonia, avrebbe bisogno di molti più registi come Andrea Zambelli, coraggiosi e capaci di un respiro internazionale anche quando raccontano piccole (grandi) storie locali. Al solito, visibile in poche, selezionate, sale. Peccato.
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