Regia di Ron Howard vedi scheda film
Il solito titolo italiano indecente non rende affatto giustizia al fascino perverso del protagonista (rectius: antagonista) del film di cui R.Howard affronta la direzione. Il fuoco, la cui bulimica brama famelica, nondimeno, non tarda a mostrare la corda. In special modo, la sfida mortale fra l’uomo e quell’entità quasi metafisica (ma dalle potenzialità lesive assai concrete) appassiona in misura inversamente proporzionale alla durata del film. Ovvero, non a lungo. Due ore e un quarto sono decisamente troppe anche per un film che si basa su una trama moderatamente avvincente e che ambisce a saldare (con discreto successo) più generi fra loro (dramma e thriller, con il fattore action in veste di anello di congiunzione). Per vero, la direzione di Howard è sempre attenta ad evitare cali di tensione e l’iniziale, ampolloso trionfalismo delle musiche di Zimmer si sgonfia con progressività in coerenza con la scarsa retorica che (fatta eccezione per la scena finale) contraddistingue il film quando viene a contatto con la cruda realtà quotidiana ivi descritta (giacchè, in tal caso, la preferenza cade sui risvolti da thriller ed action movie), ma, a livello di scrittura, il film non convince molto. Ad esempio perché le indagini condotte dalla scientifica interna al corpo dei vigili del fuoco si sovrappongono (nella misura in cui vengano curiosamente gestite dal medesimo personale) a quelle sul malaffare di un uomo politico locale in odore di elezione alla poltrona di primo cittadino (e questo lo trovo francamente inaccettabile); ma si pensi anche alla sciatteria e all’inverosimiglianza della rappresentazione delle dinamiche affettive fra l’isterico Stephen McCaffrey (K.Russel) e la docile, indulgente mogliettina (R.De Mornay).
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