"Sai che nel DNA di ogni persona c'è il rimasuglio di ogni virus che ha infettato l'essere umano dalla nascita dell'uomo? Penso che adattarsi per sopravvivere ai virus è ciò che alla fine ha trasformato i batteri in esseri umani.".... Ascoltare oggi un dialogo divertente ed ironico come questo lascia decisamente più interdetti che all'epoca in cui il film apparve sugli schermi.
Gli alieni sono "in tour" già a partire dagli ormai lontani anni '70.
Nella Londra di quel periodo infatti, in particolare nel sobborgo popolare di Croydon, la musica punk sta spopolando tra i giovani, e pure il timido Enn desidera partecipare alle varie feste che si tengono, in modo più o meno lecito, presso diversi locali della zona.
Quando una sera in un locale un po' ambiguo, il ragazzo ed i suoi amici si imbattono in un gruppo di strani ballerini stranieri, non stanno certo a pensare di avere a che fare con un gruppo di alieni in procinto di portare a termine quel processo di passaggio che consentirà loro di assumere fattezze completamente umane al punto da potersi integrare in società senza essere smascherati.
Enn addirittura troverà in una bella ballerina del gruppo, l'eterea e un po' particolare Zen, la persona con cui vivere la sua prima esperienza sentimentale completa, che comporterà una fuga di entrambi dagli ambienti l'uno, e dagli schemi preordinati l'altra, in grado di lanciarli verso un'avventura decisamente più grande di loro.
Il film, divertente, ironico e folle abbastanza da essere considerato parte integrante di una cinematografia piuttosto originale, se non proprio unica, segna il ritorno in regia dell'eccentrico bravo cineasta John Cameron Mitchell, qui alla sua quarta prova dopo rispettivamente eccentrici, scandalosi od originali Hedwig, Shortbus e Rabbit Hole.
E How to talk to girls at parties, davvero bizzarro quanto spassoso, anche qualora purtroppo devastato nel nostro paese da un titolo sciocco quanto davvero inaccettabile, conferma l'estro e la risolutezza dell'autore statunitense di raccontare senza remore una sua storia, con una libertà narrativa che non ha voglia né bisogno di pianificare strategie per piacere a tutti i costi o catalogarsi entro schematici confini di genere prestabiliti, anche a costo di risultare spiazzante.
Deliziosi e teneri gli interpreti, ovvero rispettivamente Elle Fanning e Alex Sharp, coppia fantastica variegata più di quanto potrebbe apparire, mentre Nicole Kidman, pur in un ruolo di contorno di mamma punk divisa tra energia ostentata e dolcezza malcelata, riesce a lasciare il segno anche stavolta.
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