Regia di Luc Besson vedi scheda film
Usciamo storditi, non proprio soddisfatti, ma nemmeno freddi di fronte a tanto dispendio di mezzi e di intenti: Valerian guarda al cinema di Cameron e Lucas, ma con un orgoglio tutto suo. Se sarà un flop, potrà almeno aspirare a divenire titolo cult nelle future ere spaziali... o nei cinema di qualche altra galassia.
CINEMA OLTRECONFINE
Per noi comuni mortali spesso i sogni sono davvero i nostri più intimi desideri.
Per un magnate della produzione cinematografica a largo budget come Luc Besson, l'uomo che ha portato Hollywood a Parigi, i sogni tornano a materializzarsi anche e soprattuto quando provengono da passioni del passato, che si tramutano a volte, in ambiziose, faraoniche realtà visive e visionarie.
Si perché al pavido e talentuoso, nonché scaltro produttore e cineasta francese tutto si può criticare, ma rimane indiscutibile ed evidente la propria notevole capacità organizzativa, il proprio orgoglio di sapersi confrontare con stili e budgets cinematografici che si trovano anni luce distanti dal prototipo di cinema europeo d'autore dal quale, in qualche modo, pure lui è nato ed emerso dagli inizi dei mitici '80.
A vent'anni da quel folle, "gaissimo" e sguaiatissimo - genialmente quasi transgender - Il Quinto Elemento, che ambiva formalmente a Blade Runner scegliendo poi miracolosamente una sua folle dimensione ironico-caricaturale da videoclip, Besson si lancia nel progetto del cuore, coltivato e tenuto nel grembo per quasi 45 anni: la trasposizione cinematografica del fumetto di fantascienza Valerian et Laureline, di cui era incondizionato giovane fan.
Nel frattempo il "ragazzo" è cresciuto costruendo un impero produttivo in stile hollywoodiano, alternando le produzioni adrenaliniche spesso dozzinali altamente redditizie dei vari Transporters and Co., ad un cinema da regista che lo vedeva quasi sempre tentare di coniugare la qualità con le ragioni del ritorno commerciale più sfacciato: un imprenditore coi fiocchi!!
Nel frattempo, da spettatore, Luc ha visto e fagocitato gli Star Wars della seconda trilogia, Avatar ed il cinema di Cameron, le saghe di Peter Jackson da Tolkien e si è chiesto: perché loro si, ed io no?
In Valerian c'è di tutto, e anche il nulla: musicalmente si parte con Space Oddity di Bowie, in cui nel "remoto" 2020 iniziano i primi approcci di navette spaziali in orbita: un contatto quasi sessuale, a vederlo con una punta di malizia, a cui seguono, negli anni, molti altri incontri stellari suggellati fisicamente, a volte non senza strascichi di imbarazzo, con strette di mano diplomatiche tra esseri e specie viventi sempre più distanti una dall'altra, in nome di una fratellanza globale e di un mescolamento di popoli che ben si riflette sulla attuale nostra incontrollata drammatica situazione socio-demografica.
400 anni dopo, nella stazione orbitale Alpha, una metropoli galleggiante che ospita abitanti di ogni pianeta e galassia conosciuta, due giovani agenti sono impegnati a vigilare su strani ed oscuri avvenimenti che turbano una pace e una convivenza ormai collaudate. Ma anche a fare i conti con un incubo pressante che dilania la mente del giovane protagonista, reso e tradotto per noi spettatori in una visione stilisticamente vicina ai territori di Avatar.
A Besson interessa molto anche la dinamica personale, la sfaccettatura caratteriale che vede i due ragazzi belli e seducenti attrarsi e respingersi in un gioco sessuale e di coppia incalzante che diventa quasi una sfida a due tra ripicche e affronti fisici. Mentre attorno a loro due, personaggi ed attori (o cantanti) cult si alternano in siparietti gustosi, poco necessari, ma utili a rendere magniloquente e visivamente stordente il mega-giocattolone ambizioso e visivamente molto appassionante.
Intanto Bob Marley ci ha intrattenuto con la sua ritmata Jamming, la stessa super top model-cantante-attrice-icona di-non-si-sa-cosa-Cara Dellevingne ci ha fatto ascoltare la sua I feel everything, fino ad arrivare al gran finale in cui Alexiane ci seduce con la sua riuscita hit A million on my soul.
Dane Dehaan e Cara Dellevingne sono una coppia irrisolta visivamente molto riuscita e sexy, mentre star affascinanti del cinema e della musica, Clive Owen, Ethan Hawke e una Rhyanna assai snodata, appaiono, come detto sopra, senza un vero precipuo motivo, per il gusto di tener alto il glamour della esplosiva magniloquente produzione.
Usciamo storditi, non proprio soddisfatti, ma nemmeno freddi di fronte a tanto dispendio di mezzi e di intenti.
Valerian era il prototipo di film che, nel bene come nel male, avrebbe aperto alla perfezione (molto meglio che il pur valido e certo migliore ultimo Désplechin) un Festival di Cannes che ha il glamour ed il richiamo mediatico ideale e perfetto per iniziare la sua corsa con un film spumeggiante e faraonico, concedendosi solo dal giorno seguente agli autori e al cinema vero. Eventuali sonore bocciature avrebbero probabilmente sortito un positivo ed utile effetto commerciale che ora pare invece latitare ai box offices americani.
Se diverrà un film maledetto, un flop sonoro e plateale, dispiacerà forse un po', ma col tempo l'eventuale flop potrebbe aiutare il film ad assurgere al livello di cult.
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