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La battaglia di Hacksaw Ridge

Regia di Mel Gibson vedi scheda film

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La recensione su La battaglia di Hacksaw Ridge

di maurizio73
5 stelle

Biopic bellico dal solido impianto classico e dal moderato respiro epico: un polpettone in tre atti che parte dal didascalismo di una giovinezza turbolenta, prosegue con la resistenza stoica di un protomartire della non violenza da caserma e si conclude con l'esercizio di una fede spirituale consacrata sul campo ad un tacito Giuramento d'Ippocrate.

Cresciuto secondo i rigidi precetti della confessione avventista, il giovane Desmond Doss si arruola come ausiliario medico durante la seconda guerra mondiale tra le fila dei fucilieri dell'esercito, pur essendo un obiettore di coscienza. Il suo rifiuto di toccare un'arma da fuoco, peraltro sancito da una Legge del Congresso, gli causerà non pochi problemi durante il duro addestramento militare ma, una volta sul campo, metterà anche in risalto il suo grande valore umano e patriottico.

 

locandina

La battaglia di Hacksaw Ridge (2016): locandina

 

Che ad Hollywood e nella sua vasta area di influenza economica e culturale si prediligano i grandi baracconi produttivi e le roboanti storie melodrammatiche (meglio se tratte da una storia vera) a base di pochi ma semplici valori universali, meglio se sullo sfondo di un'immancabile sottotrama sentimentale, è un indissolubile assioma del cinema occidentale che difficilmente sarà confutato dall'evoluzione dei gusti e dall'inarrestabile progresso tecnologico. A guardare questo dramma bellico di ispirazione biografica dal solido impianto classico e dal moderato respiro epico, viene spontaneo chiedersi cosa ne abbia fatto l'australiano Gibson dell'esempio originale e personale dei conterranei Miller (Mad Max) e Weir (Gallipoli) se la sua visione del cinema si riduce ad un polpettone in tre atti che parte dal didascalismo delle memorie di una giovinezza turbolenta, prosegue con la resistenza stoica di un protomartire della non violenza da caserma e si conclude con l'esercizio di una fede spirituale consacrata sul campo di battaglia ad un tacito Giuramento d'Ippocrate. Se la storia ed i personaggi appaiono lineari e quasi privi di un reale spessore psicologico che non sia il profilo romanzato che gli attribuisce una sceneggiatura convenzionale e ricattatoria (il padre combattuto, la madre amorevole, la fidanzata devota), non da meno sembra una struttura narrativa schematica e derivativa che, anche qui, parte dall'antefatto di una formazione spirituale e professionale fondata su due letture che sono due, prosegue con le vicissitudine di un soldato palladilardo mingherlino e beota che si salva proprio perchè non maneggia un fucile e si conclude con le frastornazioni di un D-Day alla Spielberg ricostruite su di un infernale promontorio insulare giapponese. Niente da dire sul versante del puro intrattenimento cinematografico che accontenta le massaie per la sdolcinata storia d'amore, i patiti della retorica a stelle e strisce per aver salvato il lupo della fede nella patria con la capra (il capro) della fede nella chiesa e quelli dell'action puro con l'ecatombe di un mattatoio umano a base di squartamenti vari e 75 fatiche di Ercole assortite (pure un paio di gialli, ma morti subito, eh,eh!). I giapponesi , va da sè, sono brutti, viscidi e cattivi anche se alla bisogna sanno fare harakiri, mentre gli americani sono sempre belli, eroici e benedetti dalla fede in un Dio che si è dimenticato di ricordarsi l'Enola Gay ed il suo angelico messaggero Little Boy: pure un repubblicano di ferro ed inossidabile reazionario come Clint Eastwood ha compreso la necessità di trasmettere il valore della neutralità della Storia, quella con la S maiuscola, anche se c'ha dovuto ricamare sopra per il doppio del tempo. Reparti tecnici presidiati a dovere (sonoro meritatamente in corsa per l'Oscar), mentre per quelli artistici solo ordinaria amministrazione, con un Andrew Garfield meglio valorizzato da Scorsese e delle seconde linee come Vaughn e Worthington che...non ti aspetti.
Nei titoli di coda le immancabili interviste (alla Lone Survivor) ai testimoni superstiti: tanto per sottolineare il fatto che non si sono inventati tutto!

 

Sparagli Desmond, sparagli ora!

Azz...

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