Regia di Mel Gibson vedi scheda film
Capolavoro? Macché. Bel film? Insomma. Gibson!
Puntualizzo subito: Gibson non è australiano ma ha vissuto, da piccolo, tantissimi anni nella terra dei canguri. È dunque newyorkese? Eh eh. È nato a Peekskill.
Ebbene, mi approccio subito con tal “ebbene” di tono confidenziale a voi, amici e (a)nemici, eh eh, fratelli e sorelle della congrega falotica... Persi questo film al Cinema e lo “agguantai” solamente ieri, vedendolo su Netflix ove, da un bel po’, staziona prima d’essere tolto chissà quando, però... Eh eh.
Film del 2016, targato da un Mel Gibson cazzuto che, in pompa magna e con barba da talebano che anticipò il suo canuto look da Santa Claus, propostoci recentemente, presentò questo suo controverso, magniloquente, sanguinolento e veramente corposo opus irresistibile, forse sol in senso lato “irrefrenabile”, diciamo, alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, vale a dire più comunemente Festival di Venezia, ove ricevette un’interminabile, forse esagerata, un po’ immeritata, standing ovation in Sala Grande alla presenza di quasi tutto il cast. Capeggiato da un Andrew Garfield straordinario, nei panni non del capitano Glover, invece incarnato da Sam Worthington, (Wikipedia links a seguire) bensì del primo obiettore di coscienza dell’Esercito degli Stati Uniti a ricevere la medaglia d’onore, alias Desmond Doss. Sposatosi con l’altrettanto veramente esistita Dorothy Schutte, ivi interpretata dall’avvenente e angelica Teresa Palmer. Garfield che fu giustamente candidato all’Oscar come miglior attore protagonista nello stesso anno in cui, giocando di raffronti e parallelismi, uscì nei cinema mondiali con un altro character, per molti versi, analogo, ovverosia Padre Sebastião di Silence. La battaglia di Hacksaw Ridge (Hacksaw Ridge e basta in originale), costato relativamente poco, incassò cifre da capogiro e, oltre a riscontrare i favori del pubblico internazionale, ottenne quasi unanimemente i plausi di gran parte dell’intellighenzia critica. Piacque molto ai membri dell’Academy e, oltre alla nomination succitata di Garfield (sconfitto da Casey Affleck di Manchester by the Sea), vinse nella categoria di Miglior Montaggio e Miglior Sonoro, perdendo invece per il miglior montaggio... sonoro, aggiudicandosi inoltre le candidature per Best Picture & Best Director. Non raggiunse dunque i fasti di Braveheart - Cuore impavido ma vi andò vicino. Hacksaw Ridge rappresenta al momento la quinta regia di Gibson dopo L’uomo senza volto, l’appena menzionatovi Braveheart, La passione di Cristo e Apocalypto. Ancora per pochissimo però in quanto Gibson è appena tornato dietro la macchina da presa per Flight Risk con Mark Wahlberg.
Chiarisco immantinente, Hacksaw Ridge è un bel film ma non un capolavoro, anzi, tutt’altro. È mainstream purissimo con tutti i suoi grossi pregi, altresì coi suoi inevitabili difetti grondanti pomposità retorica a fiumi e fasulla esaltazione a stelle e strisce con annessa distorsione compiaciuta della veridicità storica. Gibson non è statunitense, ovviamente, sappiamo tutti che è australiano ma è oramai “naturalizzatosi”, da tempo immemorabile, anche mentalmente, nella visione occidentale, americana nel senso di USA totale, imperialista e reazionaria, fascista e capitalistica? Mah... è davvero il nuovo Eastwood della minchia, no, m. da p.? Vince Vaughn gli è amico ed è alto da morire, quasi due metri, forse come attore è perfino più bravo di Mel e lo sovrasta. Ma che c’entra? Vaughn ivi giganteggia pur interpretando un personaggio “secondario”, il dispotico, indisponente, di statura giustappunto imponente Sergente Howell. La versione, perlomeno inizialmente, simile al sergente maggiore Hartman/R. Lee Ermey di Full Metal Jacket. Che poi, pian piano, scopriremo esser invero uno “stronzo” di cuore e dall’animo più tenero e sensibile di quanto, di primo acchito, potessimo aver sospettato, anzi, creduto. Vaughn è un attore incredibile, immensamente sottovalutato. Destinato a crescere ancor più vertiginosamente. Ancora di più d’altezza in senso letterale e di cm? Eh eh. Basti, anzi, vi basterà (ri)vederlo in True Detective 2 e in Freaky, per esempio e per rendervene conto, oltre che nelle sue prove dirette da S. Craig Zahler, fra cui, ça va sans dire, Dragged Across Concrete - Poliziotti al limite in cui duetta con lo stesso Gibson.
Trama, secondo IMDb, riportatavi fedelmente:
Il medico dell’esercito americano della Seconda Guerra Mondiale Desmond T. Doss, che ha prestato servizio durante la Battaglia di Okinawa, si rifiuta di uccidere le persone e diventa il primo uomo della storia americana a ricevere la Medaglia d'Onore senza aver sparato neanche un colpo.
Teso, vibrante, violento oltre il dovuto, chiaramente fazioso, “distorsivo”, gibsoniano in tutto, anche nel peggio! Gibson è avvezzo ad essere enfatico, a riproporci ad libitum gambe mozzate e corpi “fuori di testa”. Perverso!
Sceneggiatura non di Randall Wallace, habitué di Gibson, bensì di Andrew Knight and Robert Schenkkan.
Fotografia di Simon Duggan, musiche tonitruanti, insistite, leggermente nauseanti e pedanti, sin allo sfinimento ripetute nei momenti topici, di Rupert Gregson-Williams, da non confondere con John Williams, collaboratore invece inscindibile di Steven Spielberg. E ho detto tutto! A proposito, Schindler’s List e Salvate il soldato Ryan sono dei capolavori da paragonare al film in questione di Gibson?
Sono un “archivista” folle come Sean Penn de Il professore e il pazzo?
E quindi?
Voto al film? 7 e mezzo, non di più.
Non è il Cinema che prediligo ma non posso riconoscere a Gibson il coraggio di voler essere un megalomane e un violento, non solo con l’ex moglie.
Da citare, infine, Hugo Weaving!
di Stefano Falotico
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