Regia di Terence Fisher vedi scheda film
TFF 37 - SI PUO' FARE
Da una prigione di un paesino sulle Alpi, il barone Victor Frankenstein, recentemente posto in arresto e condannato alla pena capitale, chiama a sé un cappellano per raccontargli la sua storia.
Con questo appiglio narrativo riusciamo a ripartire dai funerali del padre dell'allora ragazzo erede dei Frankenstein, che lasciarono tutti i loro averi al figlio, impegnato a trovarsi un precettore che lo coadiuvasse a maturare una preparazione scientifica e medica destinata a mettere in pratica le sue ambiziose idee e progetti inerenti la manipolazione degli esseri viventi, specie di razza umana.
Quando poi anche il giovane brillante ma coscienzioso professore, poco più anziano del suo brillante allievo, con il quale inizialmente il ragazzo instaura un proficuo rapporto di studio e lavoro, si rifiuta di proseguire gli esperimenti sempre più eccessivi e deviati progettati da Frankenstein, ecco che l'ossessione per il barone diventa l'unico scopo di vita.
E la creatura a cui dà vita lo scienziato, il suo più grande incubo, destinato a portarlo sino al patibolo.
Remake del celebre film di James Whale del 1931, con alcune varianti interessanti ed in grado di farlo vivere di vita propria, La maschera di Frankenstein è una fastosa produzione britannica targata Hammer che si fa forte delle splendide ricostruzioni scenografiche che già rendono esaltante il film sin dalle sue premesse.
Si forma, per l'occasione, la coppia horror per eccellenza che trovò fortuna sia con Frankenstein che con Dracula, ed eccellenza interpretativa nelle mani dell'abile Terence Fisher, rappresentata da due grandi attori feticcio del genere, Peter Cushing (lungo la sua lunga carriera fu 6 volte Frankenstein e 5 volte van Helsing)e Christopher Lee (7 volte Dracula, una volta la creatura del folle Frankenstein), interpreti di culto della hammer Production, impegnati qui l'uno ad impersonare il protagonista Dott. Frankenstein, mentre al secondo - alto e massiccio - tocca la parte, solo apparentemente di contorno a livello di minutaggio, ma fulcro di tutta la pellicola, del mostro tormentato e frutto di torture e interventi chirurgici al limite della follia.
Senza arrivare ad intaccare il primato del cupo originale di Whale, questo remake, la contrario del primo coloratissimo grazie ai prodigi ancora convincenti del "Technicolor", convince ed appassiona senza riserve alcune.
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