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Io, Daniel Blake

Regia di Ken Loach vedi scheda film

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La recensione su Io, Daniel Blake

di Paul Hackett
8 stelle

Impossibilitato a lavorare in seguito a un infarto, il carpentiere 59enne Daniel Blake è costretto a scontrarsi con la burocrazia inglese che gli nega un'indennità di malattia. La difficile situazione nella quale versa, non gli impedirà di spendersi per aiutare una ragazza madre e i suoi due bambini, con i quali stringerà un tenero rapporto nonno-nipoti.

 

A distanza di vent'anni dalla sua straordinaria Trilogia Proletaria, dopo aver sperimentato diverse (e non sempre del tutto riuscite) commistioni di genere, Ken Loach ritorna all'impegno civile, riagganciandosi ai pugni nello stomaco di quel capolavoro di amara denuncia sociale che fu Ladybird Ladybird, raccontando la storia piccola e il dramma universale di un uomo anziano che rifiuta una modernità spietata per insistere orgogliosamente a vivere in un mondo fatto di lavoro manuale, rapporti umani non mediati dallo schermo di uno smartphone, curriculum vitae scritti a matita e canzoni da ascoltare su vecchie musicassette gelosamente custodite. Alla veneranda età di ottant'anni (portati bene), indomabile come il suo Daniel Blake, il regista inglese riabbraccia la militanza attiva e carica a testa bassa il Regno Unito a guida Tories di Theresa May. La sua idea di cinema, oggi come allora, nasce sempre dall'urgenza di dare voce agli ultimi e agli emarginati: qualcuno potrà considerare questa visione fin troppo didascalica e manichea, ma il grande cuore che la sostiene non può lasciare indifferenti e, non a caso, Io Daniel Blake ha fatto incetta di premi prestigiosi, a cominciare dalla Palma d'Oro a Cannes. Menzione finale doverosa per un cast composto da attori di una bravura disarmante, come del resto quasi sempre accade nel cinema britannico.

 

Struggente: 8/10.

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