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Io, Daniel Blake

Regia di Ken Loach vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Io, Daniel Blake

di sasso67
8 stelle

Per prima cosa, come titolo italiano, al film avrei messo "Io sottoscritto Daniel Blake", per porre, anche nella nostra lingua, l'accento sull'aspetto burocratico della vicenda narrata. Quest'ultimo film di Ken Loach sembra infatti una versione realistica - sebbene per certi versi non meno grottesca - di Brazil (1985) di Terry Gilliam. Quello che qui denuncia il regista inglese non è più la logica del capitalismo: l'obiettivo del profitto, le crisi cicliche i cui effetti ricadono, come al solito, sui soggetti più deboli, sembrano ormai dati per scontati. ciò che fa indignare Loach è uno Stato che ha totalmente rinunciato alla propria funzione di dare assistenza a chi ha seriamente bisogno e, quando tenta di adempiervi, lo fa nella maniera più ipocrita, cioè fingendo di aiutare queste persone, dando in appalto i servizi a fantomatici call center che parlano di responsabili ancora più inafferrabili (perché non si trovano lì) o mettendo le procedure in rete per chi non ha neppure un computer né le conoscenze per utilizzarlo. In questo senso, Io, Daniel Blake è un film modernamente kafkiano per quanto riguarda il rapporto con l'autorità, casomai con un filo in più di speranza, visto che non manca mai un insopprimibile legame di solidarietà umana, anche in una società apparentemente arida come la nostra: lo stesso Daniel semina umanità e ne ritrova qualche briciola sulla propria strada, dai gestori del banco del cibo al vicino di casa traffichino e generoso, da un'impiegata dell'ufficio di collocamento (anche se è una denominazione italiana, credo che Daniel Blake lo avrebbe chiamato così) alla famiglia di Katie, una giovane ragazza madre con la quale si crea uno spontaneo legame di solidarietà umana. L'incontro, in sottofinale, tra Daniel e la piccola Daisy è di quelli che colpiscono nel profondo anche lo spettatore più scafato.

Ken Loach ha deciso di disseppellire la macchina da presa (di guerra) per continuare a lottare, cinematograficamente, al fianco delle classi più deboli, quelle che, per le incongruenze del sistema, restano senza reddito, senza la possibilità di sopravvivere, alla mercé delle malattie e degli sfruttatori. E queste persone, a giudicare dai film di Loach, ma non solo (basta girare per le nostre città), sono tantissime e c'è da chiedersi cosa facciano e a chi si rivolgano quando sono chiamate a votare. (15 agosto 2017)

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