Regia di Ken Loach vedi scheda film
Daniel Blake è un operaio di Newcastle, vedovo, sulla sessantina. Ancora perfettamente in salute, quando lo coglie un infarto. L'uomo si riprende, ma naturalmente non può tornare a lavorare. Se non fosse che la commissione sanitaria che si occupa di lui lo ritiene perfettamente abile, presumibilmente per errore. Blake deve affrontare l'ottusità cieca della burocrazia per ottenere un riesame del suo caso. Nel frattempo fa amicizia con una ragazza madre di due bambini, sola e disoccupata, anch'essa messa in fila e dimenticata dall'assistenza sociale.
Ken Loach sa quello che fa. Mantenete la calma. Non è improvvisamente impazzito. Lui sa quello che fa, davvero, non è come sembra. Io, Daniel Blake è un film che dice molto di più di quanto superficialmente possa apparire (?). E il suo sceneggiatore di fiducia Paul Laverty dev'essere stato senz'altro frainteso. Non è possibile che alla soglia degli 80 anni (classe 1936) Loach abbia deciso spontaneamente e con la massima convinzione di girare questa specie di pseudodocumentario scandalistico in stile Gabanelli nel quale tutti complottano attorno a un uomo solo, malato e disperato, la cui esasperante bontà illumina il cammino di tutte le persone che gli passano accanto. E che si chiude con una scenata melodrammatica nello stile delle sceneggiate partenopee più trash, trasformando Blake in un Mario Merola dei giorni nostri al grido di "honestà! honestà!" ("io sono un cittadino", chiosa sprezzante la sua dichiarazione-testamento). E dire che la scena del graffito, da cui proviene il titolo, è assolutamente riuscita. E che Dave Johns è un protagonista eccezionale. Che la regia e la confezione del film non difettano in alcun modo. Ma la storia ha davvero dell'incredibile, nel senso della parola, dall'inizio alla fine; senza contare i momenti patetici oltre il livello di guardia e le scene prevedibili con ampio margine (una ragazza sola e in difficoltà può non essere abbordata a fini sessuali da luridi maschi pervertiti? A quanto pare no. E quando Blake chiede in maniera sospetta - quantomeno per la logica della trama - di andare in bagno da solo, quale spettatore sbadigliando non commenta "Alè, ecco che gli prende il coccolone decisivo, film finito"?). Peccato davvero, uno strazio arrivare al termine della visione, nonostante gli argomenti di partenza siano tutt'altro che ininfluenti o lontani dalla retorica dell'autore inglese; ma qui di retorica - intesa nel modo peggiore - si abusa perfino. D'altronde il pubblico italiano, cioè il pubblico di un Paese dove l'assurda vicenda di Blake è l'ordinarietà, è il più impreparato a ricevere il messaggio di sdegno lanciato da Io, Daniel Blake. 3/10.
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Recensione che non condivido, ma scritta bene e ben argomentata.
Tanto (mi) basta, grazie della lettura e del voto di utilità
Lo vedremo solo per apprezzare maggiormente le tue ottime recensioni e i tuoi sinceri giudizi. Un caro saluto
Purtroppo il film è molto aderente alla realtà e non ci si può abituare ad essere trattati soltanto come numeri anonimi e non ci può essere giustificazione a tutto questo! Lo stiamo provando di persona . Un caro saluto
Concordo sul fatto che la realtà sia molto simile a quella raccontata nel film (e in Italia presumibilmente pure peggiore che nel Regno Unito), ma ribadisco che i toni e gli stratagemmi narrativi utilizzati da Loach qui finiscono per oltrepassare la soglia del lecito, fra scene patetiche e situazioni scontatissime. Buone le motivazioni dell'opera, insomma, ma già meno lo svolgimento - è il mio punto di vista, si capisce. Un saluto a voi e grazie!
"Una ragazza sola e in difficoltà può non essere abbordata a fini sessuali da luridi maschi pervertiti? A quanto pare no."
Guarda purtroppo ti garantisco che non è un cliché, ce n'è sempre qualcuno in giro pronto ad approfittare della situazione. Però sappiamo anche che non siete tutti così! ;-)
E questo è senz'altro vero. Ma che una cosa sia vera non significa che debba per forza essere sempre ritratta in quel modo. Questo è ciò che mi ha infastidito principalmente del film: la prevedibilità, la superficialità, la quasi totale mancanza di 'scandalo' (etimologicamente parlando: ostacolo, intrigo) che rende il film lineare alla massima potenza, quasi elementare negli argomenti. Argomenti importanti, oltretutto. E questa è la peggior mancanza di rispetto che si possa fare loro: la banalizzazione.
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