Regia di Chan-wook Park vedi scheda film
Lontano dalla cattiveria perversa di molti precedenti suoi film (Mr. Vendetta e Old Boy in particolare), “Mademoiselle” è un lesbo-melò che ti prende piano piano e che probabilmente piacerebbe a David Fincher. Anche qui, la destrutturazione del punto di vista oggettivo, il doppiogiochismo nichilista tutto racchiuso in gesti e sguardi (apparentemente) fuori campo, il thriller come genere-veicolo per mettere in scena le metamorfosi e i luoghi oscuri del sentimento.
Ecco allora che nel Giappone degli anni ’30, dove vigono il classismo e la supremazia maschile, Park Chan-wook racconta lo slancio ero(t)ico proibito di due donne a loro insaputa avanguardiste.
Prima ancora che di contenuto, però, “Mademoiselle” è un film di forma, di estetica, di stupenda ricerca visiva, cesellata in (ri)quadri di sublime perfezione e straordinaria costruzione (come quello finale nella cabina della nave, dove ogni elemento è doppio e speculare). L’ennesima prova del talento di un grande regista, consapevole che l’eros detonante, più che esibito e disinibito (seppure presente in un paio di sequenze felicemente sfrenate), è quello solo suggerito (la scena indimenticabile del dito in bocca).
Passato in ingiusta sordina, come del resto tutti i film del regista che non facciano parte della trilogia della vendetta, merita di urgente recupero.
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