Regia di Chan-wook Park vedi scheda film
Un film sulla libertà, completamente anarchico esso stesso.
Una coppia di truffatori decide di approfittare della fragilità di un ricca ereditiera, avranno filo da torcere a loro volta però dalla (povera) ... sprovveduta?
Il cinema coreano ha dimostrato di essere ormai molto ben collaudato, qui come spesso succede la regia è sontuosa e la trama accuratamente congegnata, la sensazione è quella di guardare un vero e proprio film d’autore. Essendo il regista Park Chan-wook molto probabilmente in effetti è così, esplode però anche tutta la follia a cui il Sol Levante da tempo ci ha abituati e di cui probabilmente continueremo ad inorridire per i prossimi diecimila anni: manco allora ce ne saremo forse definitivamente abituati.
Spunti grotteschi a non finire, arditi sì ma anche sempre sul punto di virare sul cattivo gusto tipico della serie B, ciò naturalmente è fantastico perché vedere una regia del genere lasciarsi andare in simili maniere rende l’opera in sé indelebile. Sforbiciate lesbiche al limite della pornografia, pezzi di corpi tagliati, sprazzi d’ironia, un susseguirsi di eventi grotteschi; tutto ciò con l’eleganza del vero e proprio film d’ampio respiro.
Un film ardito, dichiara la sua anarchia con effetti prodotti dall’obbiettivo stesso che deforma e piega l’immagine quando gli pare lasciando spazio a capovolgimenti di trama, analessi e prolessi; non sono solo i concetti o la tecnica a metterci alla prova, è il film intero che sfida la nostra tenuta, la nostra sopportazione, perché non si lesina sullo strano o sull’inquietante, tutto insieme qui concentrato insieme.
In sintesi una storia dedicata alla libertà, la libertà in tutti i sensi – soprattutto sessuale – dove i despoti sono un vecchio alienato ed uno squallido arrampicatore sociale, uno sprovveduto pomposo ed altero proprio come spesso si comporta l’ottusa autorità sempre troppo distante dalla vita vera, dai reali problemi del suo popolo.
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