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The Conjuring: Il caso Enfield

Regia di James Wan vedi scheda film

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La recensione su The Conjuring: Il caso Enfield

di rflannery
8 stelle


Gran bell’horror, sequel forse migliore del già notevole primo episodio. Il trentanovenne James Wan  è un talento del genere: tecnicamente è due spanne sopra tanti colleghi, spesso modesti, che affrontano con stanchezza un genere complicato come l’horror ma anche dal punto di vista, per così dire, ideologico, il regista di origine malese sta portando avanti da qualche anno un discorso interessante. Fatto a pezzi, letteralmente, l’horror con la saga terribile e cruenta di Saw (Wan dirige il primo, producendo poi i sequel peraltro non eccezionali), il regista statunitense ha pensato bene di dirigere in questi anni film di grande impatto scenico e fotografico e che riprendono nei temi, nei movimenti di macchina e nelle ambientazioni la grande stagione dell’horror degli anni 70. Così se i due The Conjuring, decisamente i suoi film migliori, vanno a pescare nell’immaginario de L’esorcista e dintorni (compreso quella sfida tra Ragione e Fede mascherata da horror che fu The Exorcism of Emily Rose), con i due Insidious si procedeva su più ispirazioni, lo slasher degli anni 70 e il paranormale. Certo Wan, che tra un horror e l’altro ha pure girato il Fast & Furious 7, con tanto di omaggio commovente allo sfortunato Paul Walker, è uno che sa produrre e in seconda battuta sa anche girare. Ne sono la prova tanti film ben congegnati dal punto di vista narrativo ma soprattutto molto curati dal punto di vista di ambientazioni, luci, sintassi cinematografica. Insomma: nulla a che vedere con certi, troppi horror e thriller sciatti dal punto di vista stilistico.

Qui la confezione è di livello, come il cast che, come nel primo episodio, vede protagonista l’efficace coppia formata da Patrick Wilson e Vera Farmiga. Anche la vicenda del sequel procede sulla falsariga del capitolo 1. Storia vera: quella di marito e moglie cattolici, gli unici esorcisti laici riconosciuti dalla Chiesa. Più che esorcisti, indagatori dell’occulto e del male a caccia spesso di truffatori o mitomani. Non sembra il caso della famiglia inglese Hogdson: madre, padre scappato con altra donna e 4 figli. La figlia mezzana manifesta strani comportamenti su cui la polizia non sa come intervenire e tanto meno la medicina. La Chiesa, giustamente ci va con i piedi di piombo e chiama i Warren a svolgere un’indagine lontano dai riflettori.

Storia tutta centrata sulle figure molto significative di Ed e Lorraine Warner. La loro unione nella fede, il loro spendersi gratuitamente per l’altro come ricorda un’intensa sequenza in cui, nel pieno del dramma, Wilson canta “Can’t Help Falling in Love” di Elvis, dando conforto ai ragazzi già piegati dalla sofferenza, costituiscono l’arma più potente contro le forze del maligno. Come dire: anche l’esperienza più truce del male non può nulla contro l’Amore gratuito che è espressione massima del buon Dio. È una bella intuizione di Wan che imbastisce un racconto di grande tensione dove c’è spazio per la paura  ma dove il male, per quanto spropositato, non ha mai l’ultima parola. Un paio di sequenze notevoli: l’incipit con le visioni inquietanti di Lorraine in cui lo spettatore viene quasi risucchiato in un vortice di male e, più avanti, il terribile faccia a faccia con il Maligno, dissacrante, dissimulatore, perfido davanti al quale, per non perdersi, la donna dovrà ricorrere più che a formule più o meno spettacolari, alla vicinanza e alla sacra compagnia del marito.

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