Regia di Gavin O'Connor vedi scheda film
La maschera di inespressività ricercata disegnata naturalmente sul volto marmoreo di Ben Affleck attraversa il film, come cifra ricorrente in mezzo a una selva di numeri e calcoli che solo pochi adepti possono decodificare, a certificare la natura/portata intrinseca ed estrinseca dell'opera.
Mera contabilità del thriller: un'equazione non complessa in cui sono però presenti tutti gli elementi e le incognite (poco ... incognite) e le geometrie del genere, i riferimenti opportuni, le chiavi di lettura e risoluzione, i passaggi obbligati e la melodia della formula.
Un'operazione - benfatta, eseguita con la professionalità e la competenza del caso - di assemblaggio di applicazioni e algoritmi noti, stato in cui la derivatività è tanto più evidente quanto più struttura e forma dell'action thriller funzionano.
Familiare già nell'assunto - quanti geni matematici affetti da Asperger e da comportamenti ossessivo-compulsivi e simili abbiamo già visto tra cinema e tv? -, The Accountant accumula soluzioni, situazioni, meccanismi, (ri)elaborazioni, fattori talché certo non è necessario essere esperti per conoscerne peso, valore, contenuti.
Nella/e variante/i la cristallina strategia dell'ammucchiamento: ok, è un caspita di Einstein, è autistico, è "diverso" (il tema della diversità è ovviamente affrontato in maniera esangue e unicamente strumentale), è un ragioniere geniale per di più buon samaritano, è un collezionista di dipinti di valore, è pure un combattente super addestrato nonché abilissimo tiratore, oh è un criminale ma con un codice morale che lo porta ad aiutare autorità e fare massiccia beneficenza a un istituto che si occupa di casi come il suo (e con il quale ha legami).
Tra corpo e corpo alla Jason Bourne-John Wick, assalti solitari alla magione dell'oscuro orditore, implicazioni sentimentali ("salva la ragazza in pericolo" è un must e, naturalmente, complica le cose), rigurgiti dall'infanzia (l'abbandono materno, il rigido padre militare che lo educa alla sopravvivenza come Harry con Dexter in quanto "diverso", il fratello minore "normale"), funzionalità di comprimari (J.K. Simmons, Jon Bernthal, Jeffrey Tambor, John Lithgow: può bastare?) e abbellimenti metaforico-simbolici (Renoir e Pollock, Coolidge e i cani che giocano a poker, Lewis Carroll), The Accountant segue un ordine prestabilito con la sicurezza del metronomo.
Canoni e principi insomma rispettati in pieno, peccato solo che i twist riguardanti due figure importanti per il protagonista siano intuibili con nettissimo anticipo.
Ma poco importa, per quello che importa: l'esecuzione è esemplare, la tensione regge, il ritmo è ben gestito, la solidità della formula non viene mai meno.
Altra conferma per Gavin O'Connor, che non fa brutti film ma mai memorabili né originali.
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