Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
E’ una delle rare volte che non mi dispiacciono né Clint Eastwood, né Tom Hanks. La questione centrale, ovvero se il “fattore umano” sia o no risolutivo per gli eventi, se questo fattore sia ancora oggi, nell’era digitale, prevalente rispetto ad ogni simulazione computerizzata, se la freddezza dei dati algoritmici sia sempre alleata o potenzialmente anche nemica dell’uomo e della natura in genere (molto apprezzabili le didascalie in coda al film che danno conto di ogni dettaglio biologico delle oche canadesi all’origine della vicenda), sono usate da Eastwood con la piatta banalità che gli è propria e che gli è ancora rimasta attaccata al mozzicone di sigaro di quando era solo (e per sempre) un piccolo cow-boy.
Ma in questo caso, perlomeno, sia l’indovinata scelta del soggetto (minimale, finalmente, un fatterello di cronaca spicciola alla sua altezza, non di più) , sia un’efficace scelta della sequenzialità temporale che contribuisce efficacemente a mettere a fuoco la questione centrale di cui sopra, mettono Eastwood in condizione di farsi non dico notare, ma quanto meno lasciarsi guardare, grazie anche ad un tempo totale finalmente sopportabile (un’ora e mezza, comediocomanda), e ad una battuta finale del secondo ufficiale di bordo che meriterebbe davvero di essere incorniciata.
Da qui a farne un sicuro campione di incassi, certo c’è molta differenza, ma anche questo, forse, è un segno dei tempi.
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