Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Quando ho saputo che Eastwood intendeva girare una pellicola sul cosiddetto "Miracolo sull'Hudson" sono rimasto piuttosto interdetto, non vedendovi alcun elemento di interesse o particolari aspetti narrativi o drammaturgiche che potessero elevarne la pellicola a qualcosa di più di una semplice intermezzo senza troppe pretese e, quindi, a un'opera minore della sua filmografia.
Ovviamente mi sbagliavo.
E solo ora mi rendo conto di quale fosse stato il mio errore: avevo fatto i conti senza l'oste.
Con una costruzione solo apparentemente classica, Eastwood si diverte invece a giocare con l'ordine degli eventi e con il tempo, iniziando a sorpresa con il film a incidente già avvenuto e tornandovi solo successivamente, in contemporanea con le indagini aperte per determinarne le cause (e il comportamento dei piloti, specie del comandante Sullenberger) e, quindi, a sorprenderci con giochi cronologici, ripetizioni e salti temporali ma senza mai forzare il suo stile ma anzi sfruttandolo per raccontarne la storia.
Grazie a un montaggio praticamente perfetto, merito del suo solito montatore di fiducia Blu Murray, vediamo l'incidente ripreso dalle più diverse angolazioni, proponendocelo attraverso più punti di vista, dai passeggeri a bordo dell'airbus ai soccorritori, della Torre di controllo dell'aeroporto La Guardia alle ricostruzioni (e simulazioni) dei tecnici e degli investigatori chiamati ad indagare sull'incidente e proponendo, in questo modo quasi documentaristico, sempre nuove informazioni e nuovo elementi al pubblico.
Lo spettatore non solo è partecipe di cosa succede in cabina di pilotaggio e sull'aereo ma vede l'evento di cronaca trasformarsi lentamente in un evento emotivo, partecipa attivamente ai dubbi del Comitato che diventano anche quelli dello stesso Sully ma anche alle emozioni e alle paure di tutti i suoi protagonisti.
Altro punto di forza della pellicola è indubbiamente l'interpretazione di Tom Hanks, alla sua prima collaborazione con Eastwood, in un difficile e complesso lavoro di sottrazione, quasi minimalista, nel reprimere ma al tempo stesso lasciare comunque trasparire l'emozione e le paure di un personaggio complesso e dalla calma quasi innaturale.
Ottimo anche l'apporto di Aaron Eckhart.
A un primo sguardo il film ricorda molto Flight di un certo Robert Zemeckis con la differenza però che in questo caso si tratta di una storia vera e che il pilota che compie il "miracolo" non ha presumibilmente mai avuto problemi di alcolismo.
Può sembrare una differenza formale ma in realtà è un aspetto molto importante da tenere a mente in quanto l'intenzione di Eastwood e il messaggio che intende veicolare attraverso la pellicola non è soltanto un mero esercizio intellettuale, come potrebbe essere per l'appunto un racconto inventato, o di stile, e quindi inteso solo in quanto intrattenimento ludico, ma ha invece radici profonde con la realtà di tutti i giorni grazie all'esempio di quel "fattore umano" che ci permette, in qualità di uomini e donne, di trovarci al centro delle cose e degli eventi molto di più rispetto a quelle macchine che crediamo di governare ma che troppo spesso lasciamo che ci influenzano e ci condizionino, anche in maniera purtroppo colpevole.
In definitiva Sully si rivela come l'ennesima, solida lezione di cinema di un grandissimo cineasta, forse non al livello di altre sue opere ma basti dire che le molteplici scene dell'incidente aereo e suoi diversi punti di vista, per costruzioni e realismo, valgono da sole il prezzo del biglietto.
VOTO: 7,5
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e' piaciuto pure a me....grazie del commento
Recensione azzeccatissima. Anch'io come te sono rimasto sorpreso dal taglio del film, quasi più un film processuale che la rievocazione di un atto di valore. Ho l'impressione che in molti film degli ultimi anni il maestro Eastwood abbia acuito il suo pessimismo e la sua critica all'America, presentando una collana di eroi americani moderni e mostrando come la nazione sia spesso stata irriconoscente o addirittura ostile nei loro confronti; l'eccezionale cecchino che torna dalla guerra per trovarsi senza grandi prospettive e morire mentre sta cercando di aiutare gli altri in tempo di pace, l'attento agente che ha sventato un attentato ad Atlanta e viene perseguito come fosse lui l'attentatore, l'abile pilota che salva i passeggeri e finisce inquisito... insomma il vecchio Clint pare voler dire che così non va, non viene riconosciuto il valore di chi merita e troppi progrediscono solo con l'ipocrisia e le amicizie, senza meriti, anche in America. E non ha tutti i torti: basta guardare cosa fanno anche con gli Oscar: non hanno mai dato l'Oscar come miglior attore a miti come Charlie Chaplin o Kirk Douglas che hanno fatto diventare Hollywood quello che è oggi ma l'hanno assegnato a uno che ha avuto la bella pensata, durante la notte della premiazione, di prendere a schiaffi il presentatore. Un saluto.
Grazie, Si, è evidente che la sua ultima parte di carriera registica si sia espressa soprattutto nel cercare di raccontare, partendo da dei fatti reali, l'uomo comune in lotta contro una realtà ostile e opprimente (a a cui sente ormai di non appartenere più).
Anche la sua ultima pellicola Cry, Macho, anche se non è tratta da una storia vera (e forse proprio per questo una delle meno riuscite delle ultime realizzate), propone concetti abbastanza simili.
E' il bello dei grandi maestri; anche nei film minori hanno sempre qualcosa da dire e sono coerenti col loro stile. Grazie per le tue recensioni, sempre ricche di spunti. Quella su "Dracula", in particolare, è una delle cose più interessanti che abbia letto. Ciao.
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