Regia di Sophie Reine vedi scheda film
CINEMA OLTRECONFINE
Cronaca di vicissitudini quotidiane familiari di una famiglia unita e solidale, ma anche assai “incasinata”. I Patars sono un padre cinquantenne affettuoso e amorevole, Denis, vedovo e sempre proteso a cercare di sopravvivere ai due mestieri che lo occupano, necessari ed appena sufficienti a mantenere il resto della famiglia: due belle e sveglie figlie tra l’adolescenza e l’età “teen”, Janine e Mercredi. Nell’ordinario caos organizzato che regna tra casa, scuola e impegni di lavoro, Denis dimentica una volta in più di passare a prendere a scuola la figlia minore, e per questo gli viene affiancata una assistente sociale: per fortuna loro costei, di nome Séverine, avrà la prontezza di riflessi e l’intelligenza di porsi nella giusta posizione che, senza dimenticare il ruolo basilare a cui è preposta, riesca a far sì che tutti gli evidenti sforzi compiuti dal buon affannato capofamiglia per mandare avanti l’affannosa caotica realtà quotidiana, non si riducano a soccombere, vittime di una cieca burocrazia che detta regole formali e di massima, completamente incuranti degli aspetti essenziali ed affettivi, su cui si impronta il caotico via vai quotidiano che tiene in piedi quell’aggrovigliato intreccio familiare.
Alla sua opera prima, Sophie Reine promette già dal titolo originale , “Cigarettes et chocolat chaud”, che evoca libertà di spaziare o concedersi in piccoli e tutto sommato innocenti vizi in grado di allettare rispettivamente giovani e meno giovani, di concedersi il lusso di incedere verso la tolleranza e il libero arbitrio, raccontandoci una vicenda che, in buona parte, ella ha tratto dalla cronaca, ugualmente caotica ed organizzata giorno per giorno, della sua infanzia di bambina senza madre, alle prese con un padre amorevole ma oppresso da mille impegni che non gli impediscono di dimostrare tutto il proprio affetto e la più disincantata complicità con le proprie figlie ancora ragazzine.
E se dalla sua il film ha il ritmo indiavolato, dialoghi a volte scoppiettanti e custodi di goliardica ironia, resi più accattivanti da attori brillanti come il colosso Gustave Kervern, bravo come sempre e la simpatica new entry (per me) Camille Cottin, la commedia si perde anche un po’ eccessivamente in facili ammiccamenti, nella descrizione insistita di divertenti tic giovanili che finiscono tuttavia e alla lunga per apparire un po’ eccessivi o forzati refrain.
Al centro dell’attenzione si trova la gestione della famiglia, delle priorità sopite da troppi altri doveri di sopravvivenza; il nucleo cardine del vivere, leso e contrastato da mille altre mansioni e doveri civico morali ugualmente importanti, che finiscono per alimentare una delle problematiche più comuni ed insidiose con cui convivono, chi più chi meno, la stragrande maggioranza dei nuclei familiari, in un contesto ove i genitori, anche quando sono, come nella maggior parte dei casi, presenti entrambi, appaiono ognuno a suo modo completamente stravolti, ognuno nella loro professione che li riempie ed occupa a tal punto da rendere impossibile il semplice, naturale ritagliarsi spazio vitale ed improrogabile da dedicare ai propri cari.
Tutto questo viene detto e manifestato, ma l’enfasi di fatto comprensibile, annienta un po’ quella lucidità d’insieme utile a regolare l’impeto narrativo, a beneficio altrimenti di una costruzione più calibrata e meno epidermica in grado di dare respiro e linearità al corso frenetico, scatenato e sin incontrollato degli eventi.
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